Provenienti dal Giappone, i Group Therapy del chitarrista Hiroyuki Kitada giungono alla loro seconda fatica discografica con "Melatomania". Il gruppo conferma la sua attitudine jazzistica, con un album interamente strumentale costituito per lo più da lunghe canzoni attraenti e dalle molteplici sfumature. Non pensiate, però, alle forti asperità di gruppi connazionali come Tipographica e Il Berlione, infatti, pur puntando su un jazz d'avanguardia, le composizioni dei Group Therapy non risultano mai di difficilissimo ascolto. La spinta verso il jazz è data soprattutto dalla presenza di due musicisti impegnati ai fiati: Hidetoshi Inoue al sax soprano e Keido Igarashi al trombone dettano i temi musicali principali supportati da una snella sezione ritmica che si destreggia egregiamente. Tra le note dei fiati e i continui cambi di tempo si avvertono gli innesti chitarristici del leader Kitada, che in alcune occasioni cesella rapidi ed intriganti arpeggi di accompagnamento, che si incastrano alla perfezione nelle complesse trame sonore; altre volte risulta più in primo piano grazie a riusciti solos o attraverso duetti con gli altri musicisti, dando un'impronta più vicina alla fusion. Sono anche avvertibili melodie di chiaro sapore orientale, specie nelle tre parti di "Incident in Damascus", nonché leggerissime rifiniture romantiche in "Ajimarikan" e "Oriental breakfast", brani in cui intervengono anche un violino elettrico e l'hichiriki, quest'ultimo strumento a fiato giapponese. Dubito che chi vive a pane e new-prog possa trovare qualche interesse in un album che presenta simili sonorità, in quanto i Group Therapy si muovono lungo quella sottile linea di demarcazione che delimita progressive e jazz, un po' come facevano i Soft Machine post "Third" e i Nucleus di Ian Carr. Ma se è proprio da questa borderline che traete la vostra linfa vitale, allora "Melatomania" può essere considerato una gemma che fa sicuramente al caso vostro e sarebbe un gran peccato lasciarselo sfuggire.