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GANDALF Gallery of dreams Columbia 1992 AUT

Torna ad incidere Gandalf, il noto polistrumentista austriaco giunto ormai al traguardo del 15° album e, per l'occasione, si avvale di un ospite d'eccezione nella persona di Mr. Steve Hackett che assicura le parti di chitarra di buona parte dei brani del CD e il cui nome campeggia vistoso sulla cover.
Sicuramente quello di Gandalf è un nome che si associa più alla new-age che al progressive, e difatti la sua lunga carriera conta numerosi dischi dall'effetto soporifero; questo "Gallery of dreams" si differenzia però in parte dalla sua precedente produzione. Soprattutto si ha qui un approccio più acustico rispetto ad alcuni episodi passati; strumenti come piano, chitarre acustiche, flauto e oboe (questi ultimi assicurati da guest-musicians) vengono impiegati accanto ai classici synth con discreta continuità ed apprezzabili risultati. Direi inoltre che lo stile di Gandalf si è fatto un po' più accessibile, visto che alcuni brani sono dotati di una buona verve, vedi l'iniziale "Face in the mirror", "Between different works" e "Winged shadows", con l'inconfondibile chitarra di Hackett in primo piano, o la title-track, l'unico pezzo cantato, le cui parti vocali sono assicurate dalla nota Tracy Hitchings.
Il marchio di Gandalf è comunque sempre avvertibile e così buona parte delle composizioni (13 totali per un'ora circa di musica) mantengono quel feeling atmosferico che ha sempre distinto i trascorsi del polistrumentista, regalandoci anche momenti di una dolcezza unica, come avviene nell'ottima "Willowman" o ancora in "Alone again" o "Lady of the Golden Forest". A voler fare un paragone direi che il disco oscilla da similitudini con lo Hackett solista ed atmosfere che richiamano gli LP di Enya. Non si può negarlo, quella di Gandalf non è musica per tutti; è musica per sognatori, per coloro che sono capaci di ascoltarla in silenzio e farsi trasportare dalla propria fantasia nel mondo immaginario che egli ci propone, altrimenti si corre davvero il rischio di addormentarsi.
Per chiudere, due parole sul concept, ispirato da una visita al museo delle cere di Mme Tussaud di Amsterdam: è la storia di un pittore le cui immagini di fantasia divengono vive, proiettandolo in un mondo fatato a metà strada tra realtà e sogno, un mondo fatto di uniconi, elfi ed uomini salice. Più fantasy di così...

 

Riccardo Maranghi

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