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PIERRE VERVLOESEM |
Rude |
Carbon 7 |
2004 |
BEL |
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Estremo esempio di contaminazione musicale e valida testimonianza del camaleontico talento del suo autore, "Rude" è il quarto lavoro del chitarrista compositore belga Pierre Vervloesem, uno strano ed imprevedibile artista che si muove come un equilibrista fra i più svariati stili e generi musicali. Come già accaduto nel precedente "Grosso Modo" (Vervloesem non è certo privo di humour...) anche stavolta il nostro chitarrista belga ha dedicato non più di due giorni per la registrazione di "Rude", probabilmente per dare maggior risalto alla spontaneità ed all'energia dei brani, la resa sonora è comunque estremamente efficace grazie ad un accurato lavoro di missaggio e sovraincisione. L'aspetto che più convince in questo nuovo lavoro di Vervloesem, rigorosamente strumentale, è il senso di avventura e libertà che traspare dai diversi brani: se appare evidente e scontato il legame artistico con mostri della chitarra come Robert Fripp, Fred Frith, Henry Kaiser, le diverse citazioni dub-noise-alternative presenti nel disco suonano piacevolmente inaspettate, altrove il senso per l'improvvisazione lascia spazio a spettacolari dimostrazioni di bravura come ad esempio nella mini suite "Greener", lungo delirio strumentale in bilico fra intricati fraseggi free jazz ed aperture sinfoniche crimsoniane. Forse il disco suona talvolta leggermente dilatato, sessantanove minuti di durata rischiano di disperdere l'attenzione dell'ascoltatore, specialmente all'ascolto dei pezzi meno riusciti in "Rude", ovvero quei tre brani scritti a quattro mani con il tastierista Peter Vandenberghe, simpatici e stucchevoli intermezzi ironici destinati a stemperare sensibilmente il brillante clima di follia e paranoia creativa diffuso in gran parte delle composizioni.
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Giovanni Carta
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