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FLÄSKET BRINNER Fläsket Polydor 1972 (Polydor 2002) SVE

La ristampa in esame, curata dalla stessa etichetta che pubblicò il vinile originale nel 1972, rappresenta il secondo ed ultimo album della band svedese (il debutto omonimo, in italiano "La carne brucia", venne pubblicato appena un anno prima). Nonostante questo, il gruppo continuò a lungo ad esibirsi dal vivo (per almeno altri dieci anni), dividendo il palco, fra gli altri, anche col connazionale Bo Hansson, dilettandosi anche nella riproposizione di brani tratti dal suo "The Magicians Hat". L'edizione originale comprendeva un disco in studio ed uno contenente una registrazione dal vivo (si trattava di un vinile doppio al prezzo di uno solo) raccolta al Powerhouse di Örebro con un semplice registratore a nastro e due microfoni. Nonostante il supporto artigianale, la qualità dell'incisione è abbastanza decente e rende perfettamente l'idea dell'impatto sul palco di una band che dal vivo appariva imprevedibile per la tendenza innata ad improvvisare e re-interpretare i brani del proprio ed altrui repertorio.
D'accordo con la band stessa, sono state escluse dalla ristampa due tracce: "Pukolle i Valparaiso" è stata eliminata da quella che in origine era una mini suite ("Vjet 'Inte") ed in tale maniera la breve "Vårtagårdsvalsen" risulta fastidiosamente amputata; alla stessa maniera l'assolo di batteria "Wild Thing" è stato eliminato dalla registrazione live. Preziosa è la collaborazione con diversi musicisti, sia in studio che dal vivo, in ogni traccia l'organico appare sempre rinnovato e la presenza di artisti provenienti dalla scena Jazz svedese contribuisce ad arricchire il grezzo e spigliato hard rock sinfonico del gruppo. Salta subito all'occhio la breve durata delle tracce che, nella versione in studio, raggiungono al massimo i cinque minuti. Si tratta di brani scoppientanti, pieni zeppi di idee e trovate bizzarre con variazioni, cambi di tempo e piccole follie che si alternano nel giro di pochi istanti, tendenza questa che accomunerà diverse band scandinave di quegli anni. Fondamentalmente si tratta di uno hard rock ruspante che non disdegna ritornelli classicheggianti, condito da spunti sinfonici e contaminazioni jazz-folk e con un gran senso dell'ironia, manifestata anche dall'inserimento di sbeffeggiamenti e stranezze varie.
A proposito di stranezze, "Beate Hill" è stata registrata sulla spiaggia di un'isoletta vicino Stoccolma, con un semplice microfono sostenuto dall'ingegnere del suono, mentre Bengt Dahlén (il fulcro della band) ed Anders Nord camminavano l'uno verso l'altro, provenendo da direzioni opposte e suonando l'uno il violino e l'altro la fisarmonica. La traccia con cui si conclude l'LP in studio invece è un semplice coro di bimbetti stonati. L'album dal vivo presenza canzoni più dilatate: il gruppo è praticamente libero di sbizzarrirsi e di spingere oltre misura le proprie composizioni lasciando spazio anche a soluzioni più vicine al rock-blues condite di lunghi assoli. Se amate la Svezia credo che non potrete fare a meno di questo gruppo che in pratica raccoglie alcune delle idee più brillanti che abbiano mai varcato il Mar Baltico.

 

Jessica Attene

Collegamenti ad altre recensioni

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