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BRUCE MAIN |
Elements |
autoprod. |
2006 |
USA |
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Diciamo subito che questo disco non contiene un gran concentrato di prog e, quel poco, è spalmato, qui e là, per i sette brani che lo compongono.
Bruce Main è al secondo lavoro come solista, ma già dagli anni ’70 con un power trio chiamato Medusa, produceva prog nel Northwest degli USA. Non siamo quindi di fronte ad un’artista di primo pelo.
Il disco in esame è piuttosto disomogeneo come scrittura e propone un pop-prog con stilemi space-floydiani più o meno marcati nel susseguirsi dei brani.
Il primo brano, “Before”, forse il migliore del disco, presenta un prog space-sinfonico. Non è un brutto brano anche se un po’ ripetitivo nella linea melodica. Il secondo brano “The Heat” dopo un avvio di tutto rispetto, scade in un rock AOR, che lascia piuttosto sconcertati per la banalità del movimento ritmico e melodico. Seguono poi brani con momenti ballad, simil gighe nordiche, momenti lenti un po’ Spocks Beard o Flowers King. La lunga “Red Flags” possiede momenti sommamente in stampo Gilmour e nei 15 minuti si susseguono, in pratica, due temi attorno ai quali gira un cantato ripetitivo, ma soprattutto già sentito 1000 volte. Chiude il disco, tra country-ambient-world-psichedelico e Pink Floyd “One Day”, composta con un orecchio al solito Gilmour e l’altro a Neil Young.
Alla fine dei conti un disco che si lascia ascoltare con una certa facilità e scorrevolezza. Nulla di memorabile, molto eterogeneo. Non brutto, ben suonato e ben cantato, ma che sconta in maniera troppo pesante la ripetitività dei temi strumentali e delle linee vocali.
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Roberto Vanali
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