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MICK KARN |
Three part species |
MK |
2006 |
UK |
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A due anni di distanza dal controverso ed affascinante "More Better Different", Mick Karn ritorna con un lavoro altrettanto stralunato ed oscuro, "Three Part Species", il suo settimo disco solista nonché il terzo capitolo di una fase artistica ormai orientata all'esplorazione elettronica più sofisticata e cerebrale, iniziata nel 2000 con l'inquietante "Each Eye a Path" (senza tener conto delle sue innumerevoli collaborazioni, fra le quali mi piace ricordare "Liquid Glass" con Yoshihiro Hanno). Ancora una volta possiamo ascoltare l'ex bassista dei Japan cimentarsi in un'opera assolutamente solista, senza alcun aiuto esterno ad eccezione dell'intervento vocale di Becky Collins nel brano "All You Have", una solitudine ed introspezione estrema che ha le sue radici in una ricerca spirituale e musicale iniziata definitivamente nei solchi di "Tin Drum" e coltivata attraverso opere memorabili come "Titles", "Dreams Of Reason Produce Monsters", "Bestial Cluster" e "The Tooth Mother"... Il Mick Karn di "Three Part Species" si presenta ancora come un'artista eclettico ed unico, attraverso dieci composizioni evocanti suggestioni noir ed etniche, atmosfere psicotiche ed attimi di sensualità vellutata e conturbante, composizioni forse destinate ad essere meglio apprezzate ed interiorizzate nelle ore piccole, in un contesto di totale abbandono e solitudine. Pur avendo sensibilmente mitigato certe asprezze psichedeliche di "More Better Different" e le abissali disperazioni metropolitane di "Each Eye a Path", "Three Part Species" sembra prendere la forma di un compendio musicale degli ultimi anni di Karn: senza grandi novità e con qualche piccola sorpresa il disco si mantiene in delicato equilibrio fra trance trip-hop, musica ambientale, etno-funk, suggestivi interventi jazz, pop esistenziale ed alcuni fra i più strani ed insidiosi samples sonori realizzabili; brani come "Of & About", "Twitchy Hand Mover" e "The Wrong Turn" sono densi di suoni rumoristi e futuristi, romanticismo e surrealismo si intrecciano in modo ambiguo ed enigmatico, specialmente se entra in gioco l'ormai caratteristica voce baritonale e profonda di Karn. Se nel brano tipicamente "pop" del cd, "All You Have", si avverte quasi l'influenza dei Dead Can Dance più esotici, nella danza etnica di Pitta Pop si ascoltano esplicitamente le origini cipriote e mediterranee dell'autore (con un parziale ritorno alle atmosfere di "The Tooth Mother"); "Chocolate Was a Boy" invece è una mirabile ballata orchestrale solenne e tragica, frutto di un talento musicale che non accenna a perdere la propria integrità artistica... Da amare od odiare incondizionatamente, è comunque difficile rimanere indifferenti all'ascolto di questo disco, anche solo per il suo fascino enigmatico e notturno...
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Giovanni Carta
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