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LAC PLACIDE Closer autoprod. 2007 FRA

Di solito il prog-metal è talmente prevedibile che stanca facilmente. Spesso è proposto anche con quel kitsch e quella autoindulgenza che alimentano le giustificate ire dei detrattori del genere. Eppure, di tanto in tanto, riesci a beccare quel cd che non è fatto per imitare i Dream Theater, che non è pieno di ipertecnicismi incontrollati e incontrollabili, che non contiene una serie di banalità che lo rendono piatto. E ci sono casi in cui trasmette persino anima e passione. Sarà la presenza di due voci (maschile e femminile, con alternanza di cantato in inglese e francese) che non urlano a squarciagola, sarà per come riescono a trovare il giusto equilibrio tra aggressività, melodia e abilità strumentale, sarà per una certa finezza nelle esecuzioni, ma questi Lac Placide, transalpini, hanno tutte le carte in regola per essere visti di buon occhio anche da chi il prog-metal non lo regge proprio più. In effetti, non sono nemmeno sicuro che di vero e proprio prog-metal si possa parlare… Le tracce presenti in “Closer” sono abbastanza lunghe e se spesso ci sono chitarre aggressive e ritmi prorompenti e cangianti, la bravura dei musicisti si evince nel mettere il loro talento al servizio di composizioni in cui, con tanto buon gusto, si passa da soluzioni veementi ad altre più canonicamente rockeggianti, fino a spingersi anche verso un sound d’atmosfera (e nel quale non mancano spunti più acustici). Sotto certi aspetti la chitarra elettrica è lo strumento più in vista e che rappresenta un po’ l’indice di dove si spingono i Lac Placide, se in territori più duri (quelli prevalenti), o in quelli un po’ più particolari. Bisogna però dire che anche il lavoro delle tastiere riveste un ruolo fondamentale, visto che queste riescono sempre a tessere trame sofisticate, creando tappeti o contorni così raffinati da permettere alla musica della band di risultare particolarmente elegante. Un gran feeling è la base di questo lavoro in cui c’è un po’ di tutto: tecnica, cervello, cuore, muscoli. E direi che alla fine dell’ascolto dei sessantasette minuti di questo cd i ragazzi meritano senz’altro come premio un bell’elogio per quanto realizzato.

 

Peppe di Spirito

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