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Colossus e Musea presentano questo nuovo progetto imperniato sulle vicende dei classici western all’italiana. Per l’occasione viene ritirato a lucido il memorabile lavoro “Il Buono, il Brutto e il Cattivo” di Sergio Leone, tramite la sequenza di tre lunghe suite di circa 25 minuti ciascuna. Questa dimensione ha consentito di contenere l’opera in un unico CD, sicuramente – visti i tempi – più appetibile per l’acquisto.
Le direttive dell’operazione, classiche ispirazioni dei progetti Colossus, sono i suoni vintage, ottenuti con strumentazioni tipiche degli anni ’70 e la personalizzazione di tematiche dell’epoca d’oro del prog italiano. Analizziamo ora i tre progetti che, fatte le dovute considerazioni, risultano ben centrati nelle prospettive iniziali.
Per il primo brano “Il Buono” è presentato dai RANDONE. La band italiana, decide di partire con richiami del tema cinematografico di Ennio Morricone, le note del tema si perdono pian piano, prima per fondersi con le tematiche del nuovo brano, per svanire quasi totalmente e riapparire di tanto in tanto in piccoli richiami. La soluzione adottata risulta intelligente, perché la personalizzazione rimane in qualche modo ancorata a quelle note che inevitabilmente ci portano a pensare alla pellicola storica. I testi, in italiano, se sradicati dal loro contesto possono apparire un po’ buffi, ma tutto si ridimensiona se li si considera, come effettivamente sono, molto ancorati alla narrazione cinematografica. Ad ogni modo trovo che le parti vocali, spesso di piglio cantautorale, siano inferiori alle parti strumentali, dove – in effetti – saltano fuori cose egregie e ben equilibrate, a dimostrazione di una crescita sonora del gruppo che, per quanto riguarda il sottoscritto, presentano in quest’occasione, la loro migliore performance. Strumentalmente lo sviluppo del brano ci dà occasione di ascoltare un bel set di tastiere, ben suonate con suoni pieni e ben registrati. Le parti ritmiche risultano spesso accattivanti sulle parti cantate e meglio elaborate in quelle strumentali, il problema potrebbe essere, quello riferito da molti nei limiti del cantato in italiano, potrebbe essere.
Il secondo brano “Il Cattivo” (la versione cinematografica americana aveva ribaltato la posizione del Brutto e del Cattivo) vede l’esecuzione del gruppo inglese, ma dal nome italiano, La Voce del Vento. Gruppo che in realtà è un duo tuttofare, Andy Tillison e Guy Manning, ex Parallel or 90 Degrees. Ho trovato questo brano piuttosto sbilanciato tra le ottime parti strumentali e le fin troppo orecchiabili parti cantate, che a tratti ricordano sentieri già percorsi da Supertramp e da gruppi del Pomp-AOR americano, con persino accenni stilistici a Billy Joel. Questo sbilanciamento crea un gap piuttosto evidente specie nella prima parte, meno nella seconda parte e in tutto il finale dove gli intrecci tastieristici e i raffinati arpeggi di chitarra portano ad una conclusione e ad un giudizio complessivo comunque positivo. Rispetto agli altri due brani le tematiche musicali, oltre ai chiari riferimenti ai gruppi storici degli anni ’70, presentano anche strutture compositive d’ispirazione neo progressive e, altra cosa che è doveroso segnalare, tra i tre brani dell’opera questo è quello meglio composto relativamente all’organica fusione dei singoli movimenti e, in tal senso, la suite funziona alla perfezione.
Concludono il lavoro gli italiani Tilion con la suite de “Il Brutto” e, non me ne vogliano gli altri due gruppi, ma questo brano, oltre ad essere il migliore dei tre è proprio l’elemento principe del CD. Ampia è la varietà dei temi musicali trattati, spaziando da elementi classici a fusion, spazi più dark prog, non mancano momenti Van Der Graaf e Genesis (soprattutto hackettiani). I testi, in italiano, pur rimanendo ancorati alle tematiche del film, hanno una certa “genericità” spontanea che determina una loro leggibilità al di là dell’occasione. Con il variare degli spunti musicali le ritmiche si adattano, tra flames, dispari e sincopi in alternanza a parti più lineari. Ottimo il lavoro alle tastiere e alle chitarre, sempre in buon equilibrio e ben personalizzate in avvicendamento a seconda della richiesta tematica ora più melodica, ora più aggressiva, come nello strappo finale.
Il disco, ben prodotto anche per la complessiva amalgama dei suoni, è dedicato al leader degli Haikara, purtroppo scomparso. Complessivamente un altro bersaglio centrato sia da Colossus, sia da Musea, per un disco da ascoltare con piacere.
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