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XANG |
The last of the lasts |
Galileo Records |
2007 |
FRA |
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Nella grande e complessa offerta prog della Francia, arriva la seconda fatica degli Xang. A quasi otto anni di distanza dall’interessante esordio, questo nuovo lavoro rappresenta una energica evoluzione di quella che è stata la proposta iniziale. Le novità sono da ricercare essenzialmente una certa modernità dei suoni, in composizioni più varie e cangianti e ben più complesse nelle forme e negli sviluppi. Non ultima una saltuaria sterzata in direzione metal, che vedremo meglio nel corso della descrizione e un misurato allontanamento dalle forme new-prog più presenti nel primo lavoro.
La struttura è quella del concept strumentale dove la musica narra, in vece delle parole, gli orrori e le tragedie del primo conflitto mondiale.
La proposta complessiva divaga in maniera esplicita attraverso molti campi del prog e così, tra momenti acustici, jazzati, sinfonici e hardeggianti si arriva alla fine delle tracce con un’ora di buon ascolto a tratti anche piacevole.
Il mix complessivo e il sound della band ci lasciano intravedere passioni per Marillion e IQ, ma anche per Rush, Landmarq, Spock’s Beard prima maniera e Dream Theater di Octavarium. Molto valide le parti tastieristiche, veloci, raffinate, mai scontate neppure nella scelta dei suoni. Effettivamente pesantucce alcune parti chitarristiche troppo smaccatamente metal, seppur globalmente non predominanti.
Molto interessanti le scelte nei brani “Sacrifice” per buona parte acustica e poi con furiose galoppate di synth nel finale e la jazzata, quasi Canterburyana “Verdun”. Poco importante nell’economia del CD è invece la umoristica (rumori e voci di guerra, radio e dal fronte) “Sons of the Empire”. Un po’ scontata la successiva “Mud” dall’incipit troppo metal-oriented e dalla prosecuzione un po’ impersonale, comunque questi ultimi due brani non vanno oltre ai setti minuti complessivi. Mesto e ancora semiacustico il finale con gli otto minuti di “Gas” una sorta di “Adagio” di Albinoni rivisto con l’occhio floydiano, anche se, a tratti, mi ricorda molto il brano “Warszawa” di Bowie .
Complessivamente una buona prestazione e un buon disco, niente da urlo, ma sicuramente apprezzabile.
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Roberto Vanali
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