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VV.AA. Canossa - Rock Opera Tamburoavapore/Ma.Ra.Cash Records 2006 ITA

Il progetto Canossa nasce dalla mente di Gigi Cavalli Cocchi, batterista e fondatore dei Mangala Vallis, con un fruttuoso passato da batterista nella band di Ligabue ma oggi più che mai totamente immerso nella scena prog europea, viste anche le collaborazioni illustri con David Jackson, Nic Potter e Tony Pagliuca. L’idea, concepita assieme a Fabrizio Varchetta - suo compagno anche nel progetto folk Matelda - è quella di chiamare a raccolta nomi noti (gli stessi Mangala) e meno noti (tutti gli altri) della scena progressiva dell’area di Reggio Emilia per narrare le vicissitudini legate al castello di Canossa (le cui rovine sono ancor oggi visibili sull’omonima rupe nell’Appennino Reggiano) e dei personaggi che nel primo medioevo italiano legarono ad esso i propri destini: dalla gran contessa Matilde alla regina Adelaide, da Ludovico Ariosto a Goffredo IV duca di Lorena.
Malgrado il sottotitolo “Opera rock”, sarebbe più corretto descrivere l’album come un insieme di brani a tema legati tra loro da brevi frammenti recitativi che con tutta probabilità vi troverete ad evitare già dal secondo ascolto (l’accompagnamento è adeguato, peccato per la mancanza di espressività della voce narrante).
I brani veri e propri sono sette, con il primo, “Pietra su pietra” affidata appunto alla band di Cocchi & co. che per una volta rinuncia a parte delle proprie marcatissime inflessioni di marca Genesis e propone una composizione dall’incipit pacato ed acustico, affidato alla voce melodica di Fabio Mora, che sfocia infine in un crescendo a base di Moog e chitarra.
Più che apprezzabile la prova degli emiliani Trama Sonora: anch’essi propongono un brano dai toni rilassati, guidato dalla voce della bassista Greta Fornasari e impreziosito da un suggestivo intermezzo di clarinetto e synth, un po’ alla White Willow vecchia maniera.
Seguono i Sequencer, che possono vantare una lunga carriera di cover band genesisiana e contribuiscono con la “Danza di Matilde e Goffredo”, un brano basato sul canovaccio caro agli alferi del new-prog di due decenni fa (la chitarra porta alla mente gli Aragon), arrangiato in modo prezioso (flauto, Hammond, etc….) ma a mio parere devastato da un’interpretazione vocale a dir poco amatoriale.
Ancora new-prog con la proposta degli Arcanoise, a metà strada tra i Landmarq ed i primi Galahad; la voce di Alessandra Rossi è piacevole ma difetta in carattere, come in definitiva lo stesso brano (“Tre giorni”) che nei suoi 11 minuti, nonostante le buone intenzioni, finisce per suonare un po’ anacronistico.
Inutile nasconderlo, i numi tutelari dei Type (qui presenti con l’unico brano strumentale, “La battaglia”) sono i King Crimson della triade Larks/Starless/Red, qui emulati a forza di ritmi fratturati ed ostinate chitarre frippiane, tutto sommato con buoni risultati.
Il prog italiano dei 70’s è chiara fonte di ispirazione degli Oltremare, che però la filtrano in modo creativo, mediandola prima con tendenze atmosferiche e floydiane e poi con un pizzico di pomp, finendo per assomigliare un po’ alla Maschera di Cera, grazie anche alla potente voce di Lorenzo Campani; in prospettiva una band da seguire.
Chiude le danze il prog-metal dei Master Experience, penalizzato da ritmiche lineari e un cantato forzatamente enfatico; ammirabile ma un po’ acerbo il lavoro solistico di chitarra e tastiere, che si alternano nel salire alla ribalta.
Considerando che l’opera costituisce una valida occasione per dare visibilità a band in cerca di contratto o alle prime esperienze discografiche, tutto sommato possiamo sorvolare su un buon numero di ingenuità presenti e sull’eccessiva eterogeneità; giudicando l’album in modo distaccato possiamo invece parlare di una raccolta interessante o poco più.

 

Mauro Ranchicchio

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