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GAVIN O'LOGHLEN |
The poet and the priest |
Locrian Records |
2007 |
AUS |
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Gavin O'Loghlen è un artista poliedrico attivo soprattutto in campo teatrale, sia come attore che come musicista, avendo composto la musica per oltre 20 rappresentazioni. La sua esperienza lo ha portato a comporre anche musica per film e a suonare come session man in diverse registrazioni. Lo ricordiamo anche come chitarrista e leader dei Cotters Bequest, gruppo di ispirazione prog celtica con al momento tre album all'attivo nella propria discografia. Sicuramente la sua passione per il teatro e per le arti visive, oltre che la sua fervida immaginazione, lo hanno aiutato nella realizzazione di questo album solista, un bellissimo concept, definito come un viaggio attraverso la depressione mentale, che può attanagliare persone di qualsiasi età, e verso la liberazione da questo stato morboso. Il percorso nel baratro della depressione, e la fuoriuscita dallo stato di isolamento ed angoscia che ne deriva, vengono scanditi dall’intrecciarsi delle storie di due ragazzi e delle loro comuni esperienze. Questo tema, non semplicissimo da trattare, viene sviscerato in maniera molto lineare, attraverso liriche poetiche ed incisive ed un impianto sonoro elegante e leggero. Il rischio era quello di creare un mattone indigesto ma la sensibilità di un artista navigato come O'Loghlen gli ha sicuramente consentito di realizzare un prodotto piacevole ed equilibrato, in cui le liriche la fanno da padrone ma senza sommergere le linee musicali. Dal punto di vista strettamente musicale ci muoviamo nell'ambito del prog romantico di stampo Marillioniano con una performance vocale di Gavin che ricorda in parte quella di Fish, soprattutto nello stile, nell'espressività e nelle pause. Gavin si occupa anche della totalità degli strumenti impiegati, sfoggiando un arsenale equipaggiato con tonnellate di tastiere, dal Minimoog, al Mellotron, all'organo Hammond; i suoni non fanno mai comunque muro e si limitano a rapide e delicate pennellate che tra l'altro non presentano le contaminazioni celtiche dei Cotton Bequest, come magari ci si potrebbe aspettare. L'album è stato composto nel 1987 e registrato nel 1989, anche se fino ad ora era rimasto in un cassetto, e queste date pesano sicuramente sul risultato finale, dal momento che un certo feeling anni Ottanta, con lontani echi new wave, pervade in maniera diffusa le 17 tracce che lo compongono. Percettibili sono allo stesso tempo sfumati riferimenti ai Genesis ma anche agli IQ, nell'ambito di composizioni sempre e comunque lineari ed essenziali. L'aspetto più debole è rappresentato sicuramente dalla sezione ritmica: se tastiere, flauto e chitarre sono suonati in maniera appropriata ed ispirata, la batteria ed il basso forniscono un'impalcatura di base sufficiente ma nulla di più. Fortunatamente queste limitazioni non inficiano più di tanto l'esito finale che nel suo genere, considerando il risultato globale, si attesta su valori discreti. Sicuramente un disco del genere venti anni fa avrebbe avuto un valore diverso, ma prendiamolo per quello che è, un'opera rock con una trama teatrale e dai risvolti psicologici complessi che paga il suo pesante tributo ad un new prog romantico tutt'altro che pretenzioso.
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Jessica Attene
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