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CORAL CAVES |
Mitopoiesi |
Mellow Records |
2008 |
ITA |
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I Coral Caves abitualmente fanno cover dei Pink Floyd… e non si sente poi troppo. Questo loro primo album di materiale originale, registrato tra il 2005 e il 2007 soffre un po' di mancanza di continuità, forse, chissà, proprio per questo lasso di tempo occorso per la realizzazione, magari perché il gruppo ha composto il proprio materiale in momenti e situazioni diverse… fatto sta che l'approccio a queste nove canzoni è abbastanza dissimile. Rimaniamo quasi interdetti dalla prima traccia, per l'appunto la title-track, che ci aggredisce quasi e ci lascia perplessi: si tratta di un brano che sicuramente dal vivo, in situazioni non certo prettamente Prog, può avere il suo perché e il suo bell'impatto, ma che in sostanza è un pezzo quasi AOR dall'approccio molto semplicistico. Fortunatamente il CD si evolve in maniera prevalentemente ben più piacevole. La voce di Pietro Saviano, molto interessante e dalle belle tonalità calde e cantautoriali, si comporta sicuramente meglio nelle tracce successive, più pacate e liriche. "Sorridi" in effetti è un bel brano che, realizzato magari da un qualche cantautore italiano, potrebbe avere la sua bella notorietà. Gli elementi più tipicamente Prog si fanno via via sempre più strada, man mano che le canzoni scorrono, comunque; i Coral Caves non fanno certo nulla di trascendentale, limitandosi a farci ascoltare un Prog melodico, con begli assoli di chitarra (l'elemento che, a tratti, maggiormente ci fa ricordare le origini della band cui accennavo all'inizio), atmosfere spesso tranquille e sotto le righe, un buon senso della melodia. Sicuramente interessanti sono i testi, di certo ben più di un semplice corollario a una musica comunque piacevole e godibile. Anche un brano come "Torno a casa", un altro dall'impatto live come quello iniziale, sicuramente acquista qualcosa grazie a deliziosi intrecci strumentali che ne impreziosiscono la struttura ma, a mio parere, il brano che risulta maggiormente interessante in quest'album è il successivo "Tenochtitlan 1521", dalle liriche evocative ed intriganti, un impatto sonoro affascinante e belle atmosfere. L'album si conclude con "Il dolce canto della terra", il brano più lungo del lotto, che si sviluppa in maniera pacata, con un bell'inserto centrale di flauto che si intreccia alla chitarra acustica e un bel finale strumentale che chiude più che degnamente questa prima avventura discografica dei Coral Caves. In sostanza si tratta di un album che non vi racconterà niente di nuovo, che cercherà di blandirvi con atmosfere dalle belle attrattive epidermiche ma che in sostanza mirano più a farci trascorrere un'ora in compagnia di buona musica senza grosse impegnative. La missione può dirsi riuscita? A mio modesto parere sì.
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Alberto Nucci
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