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LUARVIK LUARVIK Enigma variatsioonid autoprod. 2008 EST

I Luarvik Luarvik rappresentano l'Estonia musicale di oggi, un paese proiettato nell'Europa moderna, che si è scrollato dalle spalle il suo passato di repubblica sovietica ma che presenta ancora tanta fame di musica, voglia di suonare e di esprimersi. L'entusiasmo per la musica, che ha trainato la lotta per l'indipendenza di questo piccolo paese e ha illuminato gli anni più bui della censura e della repressione, oggi sembra essere ancora più forte e gli estoni continuano a riunirsi ai concerti, a cantare e a suonare, anche se magari il palco è quello di un piccolo pub sotterraneo e gli studi di registrazione sono quelli del salotto di casa. La tradizione musicale estone è fatta anche di prog, genere molto amato in queste terre e che ha sempre avuto artisti di buon livello ed un pubblico attento e partecipe.
I Luarvik Luarvik sono fra gli eredi più importanti di questa tradizione, fatto di cui sembra essere cosciente lo stesso Mihkel Kleis, tastierista e, assieme al batterista Andres Lõo, fondatore del gruppo. La band arriva con questo album al suo quarto lavoro e cavalca ormai da un decennio la scena underground di Tallinn. L'esordio è un semplice album su cassetta, "Baltic Station Session" del 2000, e vede schierarsi, accanto al duo dei fondatori, il bassista Kert Rebane. Musica elettronica, new wave e psichedelia sono gli elementi che, fusi a riferimenti di chiara matrice sinfonica, iniziano a caratterizzare fortemente il sound del gruppo. Col successivo "Tabamata Ime" la band si allarga, grazie all'arrivo del chitarrista Mart Karu e di Tarvo Kaspar Toome, musicista impegnato in mille progetti fra i quali ricordiamo i Megan Quartet, i Lippajad ed i Beggars Farm, che in questo contesto suona il sintetizzatore Korg Poly 800, contribuendo a rendere il sound dei Luarvik Luarvik più ricco e tastieristico. Nel 2004 viene pubblicato il terzo lavoro, "Passioon & Fuuga" e l'importanza dei Luarvik Luarvik viene finalmente riconosciuta a livello internazionale nel 2007 attraverso la partecipazione al festival SKIF (Sergey Kuryokhin International Festival) a San Pietroburgo… e se avete idea di chi sia stato Sergey Kuryokhin per l'avanguardia allora potete capire cosa significhi partecipare a questo evento.
Giungiamo quindi, dopo questa digressione biografica, ingombrante ma dovuta, all'oggetto della recensione, l'album pubblicato nel 2008, che vede i Luarvik Luarvik ridotti nuovamente a trio con un nuovo batterista, Silver Ulvik e con il chitarrista Lauri-Dag Tüür, assieme all'immancabile Mihkel. Le idee di base sono quelle che la band si porta dietro dai tempi del disco di esordio ma acquistano in questo album maggiore forza e determinazione. I suoni sono ruvidi e piacevolmente vintage e sono forse più profondamente vicini allo spirito degli anni Settanta che in passato. I brani si sviluppano su linee melodiche volutamente minimali, spesso capricciosamente ripetitive ed il suono dei sintetizzatori sembra espandersi progressivamente fino a dominare ogni spazio. In particolare è molto bella l'interazione fra il suono graffiante dell'organo e quello acido della chitarra, a creare suggestioni sonore oniriche ed artificiali ma allo stesso tempo calde e riverberanti. In questa maniera la traccia di apertura, "Nekronius superior", riesce a catturare l'ascoltatore, stordendolo con il piacevolmente fastidioso motivetto ripetuto ai limiti dello sfinimento dalla chitarra, per poi trasportarlo in un viaggio cosmico che oscilla fra vapori Floydiani e progressioni stranamente sinfoniche. Altre volte le canzoni si sviluppano in maniera più agile, assumendo delle sembianze simil-Canterburyane, un po' sulla scia dei Caravan, come accade in "Nero Viimased Sõnad". In effetti le influenze reclamate dalla band sono molto varie, denotando una ampia cultura progressiva, ma citarle è senza dubbio fuorviante, visto che il risultato finale non somiglia a nessuna di esse in particolare. L'approccio è molto spontaneo e somiglia a una jam live, registrata in presa diretta, ma questo contribuisce sicuramente a rendere i pezzi più dinamici. Una citazione a parte la meritano la strampalata (anche più della media) "Walpurgi Burlesk", dominata da una specie di grammelot fatto in pratica di versacci, e ancora il pezzo di chiusura, "Ideed Magavad Raevukalt", che sembra quasi l'arringa di un predicatore pazzo, questa volta recitata in inglese. Strano mondo quello dei Luarvik Luarvik... ma comunque interessante da esplorare vista la particolarità della proposta che presenta sonorità datate e familiari ma che in questa veste sembrano quasi provenire da un altro pianeta. In Europa l'album è distribuito da Musea, quindi se siete tentati potrete reperirlo senza troppi patemi.

 

Jessica Attene

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