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ULYSSES (NL) |
The gift of tears |
Symbioses/Musea |
2009 |
NL |
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Dopo un mini cd autoprodotto nel 2001, la pubblicazione di “Symbioses” nel 2003 ed alcuni cambiamenti in formazione, gli olandesi Ulysses giungono oggi all’album “The gift of tears”. La band è composta da un classico quintetto di musicisti che puntano su un sound aggressivo e vicino al prog metal, senza però disdegnare incursioni in territori più sinfonici. Si parte con “Family portrait”, brano molto potente, che chiarisce immediatamente l’indirizzo del disco, con nove minuti di classico power-prog-metal, adrenalinico, teatrale e pieno di cambi di tempo e di parti solistiche alla ricerca del virtuosismo, ma non molto ricco di sostanza. In effetti, una costante dell’album è quella che quando a guidare è la chitarra di Vogelenzang de Jong il gruppo spinge decisamente sull’acceleratore con un suono duro da heavy-metal, quando invece ad essere al centro del proscenio sono le tastiere si scorgono trame classicheggianti più vicine al progressive. Le composizioni presenti in “The gift of tears” seguono, senza molta fantasia, dei “canoni” molto abusati (brani lunghi, intrecci strumentali, variazioni ritmiche, inevitabili tentativi di imitazione dei Dream Theater, ecc.), rendendo il tutto, nonostante un’evidente professionalità, un po’ troppo stereotipato e prevedibile. Alla fine, le cose migliori sono rappresentate proprio dalle intuizioni sinfoniche tastieristiche, nonché da quei momenti in cui i toni si stemperano un poco e si punta su frasi melodiche nelle quali si rivela più spontaneità ed un certo buon gusto (discorso che vale soprattutto per la traccia “Lost”). La suite finale “Anat” rappresenta il fiore all’occhiello dell’album, con quasi quindici minuti di atmosfere drammatiche, buone intuizioni strumentali solistiche e strutturati in maniera decisamente migliore rispetto ad altri brani. Questa composizione è uno dei frutti dell’entrata in formazione del cantante Michael Hos, che ha dato un importante contributo a livello di stesura dei testi, descrivendo fatti di vita reale. “Anat”, in particolare, narra la tragedia che colpisce una coppia di genitori che perdono un figlio molto piccolo a causa di un tumore al cervello. Con il lancio di “The gift of tears”, gli Ulysses hanno puntato molto su quest’aspetto, visto che accompagnano la promozione con una sorta di slogan che recita “perché usare la finzione quando la vita ha così tante storie da raccontare?”. Andando a concludere, non me la sento di caldeggiare l’acquisto di questo album di maniera pieno di alti e bassi, ma forse chi ama il prog-metal più di qualsiasi altra cosa potrebbe anche trovare perfetta per i suoi gusti la proposta degli Ulysses.
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Peppe Di Spirito
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