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VV.AA. |
Spaghetti Epic 3: The great silence |
Musea |
2009 |
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Giunge al suo terzo capitolo la saga dedicata agli Spaghetti Western curata dalla rivista finlandese Colossus e questa volta ad ispirare i gruppi partecipanti è stata la pellicola di Sergio Corbucci "Il grande silenzio". Tutta questa cascata di progetti Colossus potrebbe a prima vista indurre qualcuno a pensare che si tratti di produzioni messe insieme a basso costo chissà per quali scopi secondari. Niente di più falso, col passare del tempo e con l'accumularsi delle uscite bisogna dire che la qualità non viene meno, anzi, si cerca sempre di rinnovare la cerchia dei partecipanti, i temi narrativi proposti e la grafica, con booklet sempre più curati e corposi. I progetti Colossus rappresentano una interessante vetrina di quanto c'è di meglio al momento attuale sulla piazza per quel che riguarda il prog sinfonico. Mi ricordano un po' i vecchi volumi delle Hallo Compilations, i vinili che all'epoca della DDR raccoglievano il meglio della musica rock di allora, dove riuscivi sempre a scovare qualche inedito interessante. Tutte queste riflessioni non sono superflue perché, al di là del fascino del tema conduttore che guida il progetto di turno, in questo caso il vecchio western italiano, c'è musica di ottima fattura che non solo può essere un biglietto da visita per le band coinvolte ma direi che rappresenta un complemento prezioso alle loro discografie. Chi possiede già i dischi dei Little Tragedies troverà interessante la suite qui contenuta che sicuramente non è uno scarto rispetto al materiale della band già edito. Qualcun altro invece si stupirà nell'ascoltare la traccia conclusiva, appartenente ad una band di emeriti sconosciuti (o quasi) che ci porgono il loro biglietto da visita con una suite sinfonica di alto valore.
Il tema del film viene sviluppato attraverso tre lunghe suite, la prima delle quali, lo abbiamo detto, affidata ai Little Tragedies. Verrebbe da dire che queste composizioni sono poco "spaghetti" e molto "epic" ma lo stile complessivo dell'album riflette comunque una rilettura personale in chiave sinfonica della trama del film, con un effetto finale particolare ed inedito, se rapportato al clima della colonna sonora originale. Insomma, vi sto dicendo che troverete della grande musica prog qui dentro e non una versione alternativa della colonna sonora. Filosofia a parte, l'apertura dei Little Tragedies è nella media delle loro migliori produzioni, con uno sviluppo esteso dei vari temi musicali, tanto spazio per la melodia e per le evoluzioni barocche spettacolari alle quali la band ci ha sempre abituati: si tratta quindi di una grande conferma per il gruppo russo del virtuoso tastierista Gennady Ilyin. Si passa quindi al pezzo successivo, "Suite Pauline": avevamo apprezzato il grazioso e recente debutto della band rumena (di etnia magiara) degli Yesterdays, quindi questa nuova suite poteva apparire in qualche modo interessante già a priori. Ma non solo si tratta di un pezzo interessante ma addirittura sorprendente e di gran lunga superiore a quanto pubblicato fino ad ora dal gruppo. Devo dirvi che non mi aspettavo un brano del genere: un concentrato di sinfonicità con influenze folk, bei ricami vocali, ampio uso di strumenti vintage, interessanti elementi percussivi. Gli arrangiamenti sono splendidi, con intrecci preziosi fra Mellotron e chitarra acustica, Hammond, Moog e clavicembalo, e addirittura, e questo è il punto che mi affascina di più, fra tromba, batteria e Mellotron, con aperture soft jazz a tinte sinfoniche. Si tratta di un brano-capolavoro (ci metto la firma) che rappresenta quanto di più bello si possa ascoltare in ambito sinfonico oggi e a questo punto aspetto con impazienza un nuovo album di questo gruppo per capire se riuscirà a dare un seguito a quanto qui proposto. Non è da meno l'ultimo pezzo (anche se le mie preferenze personali vanno al brano appena commentato), una suite epica con tastiere imponenti. I primi minuti del pezzo li ho passati a chiedermi chi fossero questi N.Ø.T. (acronimo che sta per Noise Overtones Therapy) e sono riuscita ad individuare solo Mimmo Ferri, il tastierista dei Floating State, un'interessante realtà del prog nostrano. Visto il valore di questa composizione mi sembra davvero strano che questa band non abbia ancora pubblicato niente. La suite proposta gioca sull'alternanza di sequenze più tirate e parti più incentrate sulla melodia ed è fra le tre quella che sembra evocare con maggiore accuratezza le sequenze narrative del film, anche grazie alle parti recitate, non invadenti ma collocate nei momenti più opportuni. Stilisticamente troviamo punti di riferimento con i Pink Floyd e gli EL&P ma anche con i Black Sabbath. Il pezzo è potente e teatrale e ha il gran pregio di coinvolgere emotivamente l'ascoltatore dall'inizio alla fine, grazie soprattutto all'incalzare delle sequenze tastieristiche, travolgenti come un fiume in piena. Il bello è che a me gli Spaghetti Western non sono mai andati giù più di tanto mentre questo album è una bellissima antologia di prog sinfonico di alto livello che ogni appassionato dovrebbe ascoltare, al di là di qualsiasi passione cinematografica. Ne sono rimasta davvero colpita e sorpresa e chissà che qualche appassionato di cinema non si innamori per sbaglio della nostra musica grazie al fascino di questa proposta.
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Jessica Attene
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