|
JONO EL GRANDE |
Neo dada |
Rune Grammofon |
2009 |
NOR |
|
L’avanguardia non è roba per tutti e anche gli ascoltatori più volenterosi, pur apprezzando l’audacia e la genialità di certe produzioni, si trovano a volte a riporre nello scaffale il CD RIO di turno, dopo averlo metabolizzato in un primo momento, senza riaffrontarlo più in futuro. Ciò che per ispirazione è ostico raramente diventa qualcosa che possa intrattenere l’ascoltatore medio. C’è invece chi ha il raro dono di mandare in risonanza i neuroni anche degli ascoltatori meno preparati e predisposti a certi spartiti, stimolandone la curiosità e riuscendo a guadagnarsi ascolti ripetuti e frequenti, nonostante la complessità della propria proposta musicale. Certamente Zappa era uno di questi ed il repertorio di questo svitato norvegese, che proprio a questo grande maestro di ispira, promette di dare effetti simili. Jon Andreas Håtun, in arte Jono el Grande, è un compositore autodidatta, come precisato nella sua biografia, è un chitarrista ed è anche il leader della sua Luxury Band. “Neo Dada” è il suo terzo album in studio ma la sua attività si esplica soprattutto dal vivo, attraverso un gran numero di progetti musicali che coinvolgono lui ed i suoi musicisti i quali salgono sul palco in condizioni quasi ridicole ed impresentabili, sfoggiando travestimenti stravaganti e persino imbarazzanti. Del resto, cosa vi aspettereste da un marimbafonista che si fa chiamare Clackraphoduzzamella von Galgrypotti or his protégé? Questo è il materializzarsi del dadaismo invocato nel titolo di questo album e che riflette in parte l’atteggiamento capriccioso della musica di Jono che nella sua follia non è però mai fine a sé stessa o trasandata, come si potrebbe temere da questo eccesso di follia, così bizzarramente ostentata. Abbiamo infatti premesso che la musica di Jono è sì stravagante ma soprattutto godibile ed accattivante. Lo stile è di difficile identificazione ma sta alla grande nel grosso ed indefinito calderone dell’avant-RIO. I 7 pezzi che compongono questo CD sono decisamente eterogenei ma in tutti si possono più o meno leggere riferimenti agli artisti che Jono ama: Zappa in primis, ma anche Captain Beefheart, Igor Stravinsky, Edgard Varèse, King Crimson, Gentle Giant, The Residents e gli Henry Cow… e devo dire che è una delle pochissime volte in cui mi sento di concordare perfettamente con i le fonti di ispirazione musicale scelte e dichiarate dall’artista. L’apertura, affidata alla title track, è imponente e ci mette subito in un vicolo cieco: folk nordico che si impasta ai King Crimson in una miscela che somiglia a qualcosa degli Anekdoten ma che si discosta da questi per lo spirito teatrale e goliardico che prende il sopravvento sul climax lugubre e misterioso di fondo. La successiva “Ballet Morbido In A Dozen Tiny Movements” è tutta un’altra storia: si tratta di uno strano mix fra Stravinsky ed i Gentle Giant, immerso in un’atmosfera burlesca dai contorni folkish che ha anche il vago sapore di teiere volanti. Ma nel calderone c’è davvero di tutto e tutto è assemblato in maniera stravagante, imprevedibile, ma anche pazzescamente trasparente e luminosa. In un titolo come “Your Mother Eats Like A Platipus” si riassume tutto l’estro goliardico di Jono El Grande che in questa occasione ha scelto l’assetto del quartetto d’archi per materializzare un incubo sonoro buffo e saltellante. Ma c’è spazio anche per le rassicuranti visioni Canterburyane di “Big Ben Dover” che fanno da preludio alle soluzioni più energiche di “Three Variations On A Mainstream Neurosis” e alla schizofrenica traccia conclusiva “Choko King” in cui gli strumenti musicali sembrano delle voci che discutono e borbottano fra di loro. Album consigliatissimo a RIOmani e non, che si colloca ai vertici massimi delle produzioni discografiche del 2009, sempre che abbiate il giusto tocco di follia per apprezzarlo senza cedere ad una crisi di nervi.
|
Jessica Attene
Collegamenti
ad altre recensioni |
|