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BARBARA RUBIN |
Under the ice |
autoprod./BTF |
2010 |
ITA |
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Bisogna dare atto a Barbara Rubin che è dotata di un certo talento, sviluppato attraverso studi classici al conservatorio e messo alla prova collaborando con varie band, tra le quali gli Arcansiel e un gruppo dedito al prog-metal di nome LoreWeaveR. Al suo esordio discografico come solista, la Rubin si destreggia con sicurezza nella composizione di musica e testi, negli arrangiamenti e nell’esecuzione, occupandosi di cantare, in italiano e inglese, suonare il piano, le tastiere, il violino e la viola. Altri musicisti, tra i quali alcuni componenti degli Arcansiel, si occupano di basso, batteria, chitarre, flauto, violoncello e Hammond. L’impostazione classica dei brani di “Under the Ice” è evidente. Quasi tutte le composizioni si basano su un’ossatura realizzata al pianoforte, con frequenti arrangiamenti di archi e occasionali chitarre e sintetizzatori a impreziosire il tutto. La batteria spesso è poco evidente, dato che si punta sulla melodia più che sull’approccio ritmico. Alcuni dei brani sembrano curiosamente nati per essere arrangiati in versione metal, cosa che invece non accade. Si prediligono piuttosto atmosfere intimiste ed eleganti, che scivolano via senza intoppi o troppe variazioni emotive a costruire una forma di cantautorato femminile basato sulla raffinata essenzialità di una bella voce accompagnata da pochi strumenti suonati senza sfoggio di virtuosismo. Tra i titoli, tutti di breve durata, solo “Liar” e “No More Tears” propongono una sorta di rock-metal melodico con venature prog, a rendere l’ascolto più stuzzicante per gli amanti di un suono più complesso di quello mediamente proposto nell’intero disco. Il resto dei brani, come già detto, vede protagonista Barbara Rubin con la sua voce, bella e potente, ed il pianoforte, oppure gli archi, in “Before the light”, mentre “Stupid Day” presenta rilassate atmosfere con arrangiamenti vagamente new-age.
Un album discreto dunque, piacevole da ascoltare e rilassante, che scorre liscio nei suoi trentaquattro minuti di durata, e un esordio promettente per un’artista ancora giovane ma che ha già una certa esperienza sulle spalle.
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Nicola Sulas
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