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ODYSSICE Silence Cyclops 2010 NL

Non tutto quello che viene dall’Olanda nuoce. Ci siamo abituati sempre più a giudicare questa terra come la patria dei cloni delle vecchie glorie new prog, una terra per chi si accontenta di sapori musicali dolciastri e digeribili. Di melodia in questo album ce ne è molta, ma viene riversata in un prodotto elegante e assolutamente non banale, seppure non manchino riferimenti al prog romantico britannico. La storia degli Odyssice non è molto gloriosa né fortunata. Parte alla fine degli anni Ottanta con il chitarrista Bastiaan Peeters che recluta un paio di amici americani, giungendo, nel 1987, alla pubblicazione di un demo. La band, che nel frattempo si è trasformata, arriva al debutto discografico vero e proprio soltanto nel 1996, con un mini CD intitolato “Moon Drive” (ristampato nel 2003 con il titolo “Moondrive Plus” e con l’aggiunta di qualche bonus). A questa pubblicazione segue un full length nel 2000, “Impressions”, per giungere poi ai nostri giorni con questo nuovo album. Fin dagli esordi si poteva leggere nella musica di questo gruppo una certa attrazione per la musica dei Camel che in questo nuovo album è particolarmente marcata. Come in passato la band ci propone una collezione di pezzi strumentali, 7 in tutto, ma questa volta il risultato appare migliore e a tratti particolarmente soddisfacente. L’incipit, “21”, ci fa subito una splendida impressione: le melodie sono piacevoli e lineari, con una chitarra che intesse le linee narrative del pezzo e tastiere che giungono a riempire gli spazi, esondando quando occorre sottolineare particolari picchi emozionali. Si alternano diverse scenografie sonore, tutte dai contorni delicati, ma piuttosto varie, evitando sensazioni di ripetitività o noia, pur mantenendo una bella visione di insieme. Insomma, voglio dire che il rischio di molte band Camel oriented è quello di sfruttare un’unica idea melodica trascinandola fino alla fine del pezzo e questo non avviene in questo album. Nella successiva “Memento” vengono scelte delle timbriche tastieristiche leggermente spaziali, quasi anni Ottanta, che danno un sapore particolare al pezzo. Si tratta sicuramente di una delle tracce che preferisco. Spuntano fuori anche suggestioni new prog, come nella romantica “Colours of Silence”, ma queste non hanno l’effetto di banalizzare le composizioni che appaiono comunque fresche e sincere. Una menzione particolare per “Continental Motion”, il brano più lungo del lotto (10 minuti circa), in cui si mescolano reminiscenze Cameliane, sonorità cosmiche e sapori musicali che sembrano quasi ultraterreni. Bisogna dire che l’album, forse per le timbriche sonore scelte, specie quelle tastieristiche, ha un che di artigianale e naïf. Forse la scelta di una gamma sonora più pienamente vintage, con un Mellotron autentico e suoni più pieni, avrebbe fatto più scena ma spezzo comunque una lancia per la scelta operata dal gruppo perché l’album, per come è assemblato, ha una propria personalità che va oltre la sterile imitazione dei modelli. Un disco semplice, particolare e ben fatto, da non sottovalutare assolutamente.


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Jessica Attene

Collegamenti ad altre recensioni

ODYSSICE Moon drive 1997 
ODYSSICE Impression 2000 

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