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ALEXEI BORISOV |
Polished surface of a table |
Electroshock Records |
2004 |
RUS |
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Polished Surface of a Table è probabilmente il disco fra i più estremi e cacofonici che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi mesi... e con questo potrei anche concludere la recensione! Insomma, rumore e noise senza compromessi, con le dovute e gradite contaminazioni ambient ed avantgarde. Disco tanto difficile da assimilare quanto disturbante ed ostico, “Polished Surface of a Table” è abbastanza estremo da poter suscitare una decisa reazione convulsa nello sventurato (con ironia, naturalmente) ascoltatore occasionale: immagino che sia proprio la reazione cercata volutamente Alexei Borisov con la sua musica... una rappresentazione in musica del caos post-moderno, della fragile ed effimera realtà in cui viviamo. Ovviamente di progressive non c’è alcuna traccia in questo lavoro, “Polished Surface of a Table” tende all’esplorazione elettronica più spinta e cacofonica, i richiami alla scena electro-noise contemporanea è evidente, com’è anche evidente il legame con nomi storici dell’industrial come SPK ed Einsturzende Neubauten, insomma, il tipo di musica che nell’ascoltatore tradizionale di rock progressivo potrebbe causare qualche piccolo trauma. Alexei Borisov del resto è un autentico veterano della scena alternativa moscovita sin dagli anni ottanta, attivo con i suoi primi lavori in ambito new wave ed industriale insieme a diverse formazioni, fra le quali Center, Night Prospekt e F.R.U.I.T.S., quest’ultima verso gli albori degli anni novanta, senza contare poi le sterminate collaborazioni con altri musicisti, fra i quali ricordo i KK Null, Leif Ellgren ecc... Al di là dei momenti più aggressivi e caotici, Alexei Borisov riesce a diversificare le proprie composizioni in maniera efficace ed intensa, in un esercizio intellettuale ed artistico che denota un certo spessore: penso ad esempio al tesissimo electro-dub di “After The Prime Time”, ripreso in maniera più estesa nel pezzo omonimo del cd, oppure alle spietate interferenze soniche sulla splendida voce di Angela Manukjan in “Dew”; in “Opuscole” si accennano strane ed inquietanti pulsazioni techno minimali, “Rotor” improvvisa melodie rotobiche su una base di pure caos futurista, mentre nel pezzo più esteso del cd (nove minuti) “Zaraza (Volume I)” approfondisce certe tendenze techno-trance in un impressionante marasma soffocante e monolitico di suoni e distorsioni marziali... Insomma, una minima idea del difficile materiale sonoro contenuto in “Polished Surface of a Table” credo di averla data, sta a voi il piacere o la sofferenza di esplorare questo singolare, affascinante mondo musicale, almeno per i neofiti... chi è già abituato a tante atrocità (nel bene e nel male) soniche avrà di che essere soddisfatto!
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Giovanni Carta
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