Talvolta davvero si esagera…! La “nuova incarnazione” di questo storico gruppo del Prog italiano è avvenuta sotto l’egida di un musicista che non ha mai fatto veramente parte del gruppo, negli anni ’70; quasi per specificare ciò infatti il secondo album dei RAM venne pubblicato sotto la sigla Reale Accademia di Musica / Adriano Monteduro. Proprio Adriano Monteduro (tastiere e voce) ha infatti rispolverato oggi la gloriosa sigla per dare un nome al suo nuovo gruppo che comprende il figlio Antonello (piano e tastiere), Giuseppe Aramo (voce e percussioni) e Manuel Muzzu (basso) e che musicalmente ha pochi punti di contatto con quell’album… e direi proprio nessuno col primo, che rimane sempre il più apprezzato dagli appassionati. Quest’album di per sé non è neanche male, se si accetta una musica pop dilatata, ricca d’atmosfera, con testi e cantato decenti (anche se un po’ troppo in primo piano), ma che non riesce mai a decollare veramente, assestandosi su un comunque dignitoso livello medio. La durata media delle 7 canzoni di quest’album è abbastanza elevata, andando da un minimo di 6 minuti al massimo della traccia di chiusura (“La pace nelle biglie di vetro: un mondo nuovo”) che supera i 18 minuti. Il cantato, come detto, è un po’ troppo in primo piano, ma c’è da dire che non ha molto da coprire, dato che le atmosfere in generale sono spesso molto dilatate e raramente la musica sale di tono, anche per via dell’assenza di chitarra e batteria; l’impressione netta è quella di una dilatazione molto artificiosa che spesso sa di minestra allungata, con pause strumentali (sempre giocate su atmosfere di piano e tastiere) che vorrebbero accrescere il climax ma che in realtà dilatano in maniera fittizia un album che avremmo anche potuto accogliere con simpatia, se non fosse stato per la scelta del nome. Una grossa delusione quindi: alla fine quello che resta è un disco appena decente con un monicker troppo pesante da reggerne il peso.