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HANDGJORT |
Handgjort |
Silence Records |
1971 (Silence 2010) |
SVE |
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Per avere una copia originale della prima tiratura di questo album dovreste al giorno d’oggi sborsare qualche centinaio di dollari… sempre che lo riusciate a trovare… si tratta infatti di una autentica rarità, eppure questo strano disco, il primo ed unico realizzato da questo gruppo, riveste per diversi motivi una certa importanza nel contesto di quello che fu il Progg svedese. Si tratta di una delle primissime produzioni (la terza del catalogo) dell’etichetta indipendente Silence, la stessa che oggi ne cura la ristampa (la seconda dopo una piccola tiratura del 1973) e si tratta di un album che esprime pienamente il contesto culturale, politico e musicale che quarant’anni fa ne vide la nascita. Per capire la musica degli Handgjort è imprescindibile calarsi nello spirito dell’epoca e per facilitarvi il compito potrei suggerirvi di pensare agli hippy con le loro battaglie naturalistiche, femministe, pacifiste… Ma c’è di più: in Svezia il Progg è una vera e propria reazione alla musica di massa e si contrappone alle regole del mercato musicale, spinto dai soldi e dagli interessi. Anche per questo gli Handgjort decidono di realizzare a mano, una per una, tutte le copertine del loro album di esordio. Handgjort significa proprio “fatto a mano”, come a voler puntare l’accento sull’autonomia artistica e sull’autodeterminazione dell’individuo, in contrasto con la spersonalizzazione propria dei meccanismi industriali che si estendono anche al mondo della musica. E la stessa musica di questa band è fatta interamente a mano, e cioè col solo impiego di strumenti acustici. Gli Handgjort rappresentano un anello molto importante per il Progg dal momento che nascono dalla disintegrazione di un gruppo seminale, quello degli Atlantic Ocean, dai quali si distaccheranno gruppi importanti come i Fläsket Brinner ed i Jason’s Fleece. A loro volta gli artisti che si sono accodati agli Handgjort formeranno altre realtà fondamentali, fra cui ricordiamo quella che di fatto diventerà la band del celebre artista Mikael Ramel, che in un primo momento si chiamava proprio Mikael Ramel’s Handgjort. Fra i fondatori degli Handgjort c’è Gregory Allan Fitzpatrick, un americano di Beverly Hills che viveva in Svezia senza il permesso di lavoro e proprio per questo era costretto ad usare degli pseudonimi per firmare le sue creazioni artistiche (ne sfoggia addirittura tre diversi contemporaneamente in questo album). Nel 1969, dopo aver abbandonato gli Atlantic Ocean, Greg fece un viaggio in India e in Pakistan. Al suo ritorno in Svezia iniziò ad organizzare concerti al Museo di Arte Moderna di Stoccolma e proprio qui notò un trio di ragazzi che suonava musica acustica indiana: Stig Arne Karlsson (sitar), Theo Greyerz (tabla), e Guy Öhrström (chitarra). Presto Greg si unì alla band che chiamò appunto Handgjort e ne divenne anche una specie di manager non ufficiale. In un primo momento il gruppo faceva una sorta di raga indiano abbastanza essenziale ma presto Greg (che suonava l’Ezra) vi aggiunse le sue idee e la musica divenne più complessa, arricchendosi di molte influenze. All’epoca tutti i musicisti erano disoccupati e potevano contare soltanto sul poco denaro racimolato suonando: si dice che vivessero a fagioli secchi ed hashish e questo loro spirito libero la dice lunga anche sul loro approccio musicale, istintivo e a volte disordinato. Nell’Agosto del 1970 il gruppo partecipò alla seconda edizione del celebre festival di Gärdet (una specie di Woodstock svedese), come testimoniato dall’album “Festen på Gärdet”, pubblicato dalla Silence Records. All’epoca l’etichetta era solo un progetto mirato alla stampa e promozione del disco di Bo Hansson, “Sagan om Ringen”, e di certo non c’era l’intenzione di dedicarsi agli Handgjort. Fu grazie alla caparbietà di Greg che la band riuscì infine ad entrare in studio di registrazione con l’aiuto di Bo in persona come ingegnere del suono. Greg riuscì a portare con sé anche una serie di amici come Björn J:son Lindh (flauto), Janne Bandel (Gong), provenienti dagli Atlantic Ocean, Kenneth Arnström (sax alto) dei Jason’s Fleece e proprio grazie a Lindh presero parte alla registrazione anche Dallas Smith (clarinetto) e Bruce Green (oboe), due compagni dell’Accademia Musicale di Kungliga. Non si sa bene come ma l’album non uscì solo per la Silence ma anche per l’etichetta finlandese Love Records che ne stampò pochissime copie mentre le stampe successive furono realizzate in co-produzione con l’etichetta svedese. L’album originale, rimasterizzato a partire dai master, senza digitalizzazione, si compone di 9 pezzi, ai quali si aggiungono, in questa ristampa CD, altre 4 canzoni tratte dal festival di Gärdet (nelle edizioni dell’Agosto del 1970 e del 1971). C’è però da specificare che nella ristampa su vinile (doppio) vi sono 25 ulteriori minuti inediti di musica, sempre proveniente dallo stesso festival. L’ultima bonus del CD, “Greg’s Recitation” non è però inclusa nella versione su LP. La musica è un fluttuante ed ascetico mix di sensazioni indiane e di vaghi riferimenti al folk svedese. I ritmi cadenzati e lenti di “Kerala”, il pezzo di apertura, sono speziati e orientaleggianti ma in un certo senso possono far venire in mente qualcosa degli Arbete Och Fritid. La musica è molle e pacata e sembra espandersi attorno a noi in mille volute di fumi aromatici. La voce di Greg (alias Marcus Brandelius) è sgraziata ed ipnotica e segue pigramente il ritmo delle percussioni ed i miagolii dell’Ezra nella successiva “Over The Wall”. Alcune tracce sono molto più vicine al raga indiano, come la lunga “Scotland the Brave” mentre decisamente più intriganti sono quei momenti in cui entra in scena il flauto di Lindh o si scorge la presenza degli altri musicisti, come nella malinconica e sognante “Worlds on Fire” che ricorda qualcosa di Bo Hansson, se non fosse per quel tocco esotico dato dal riverbero del sitar e dalle tabla sullo sfondo. Si tratta di un album suonato in punta di dita, dai ritmi rilassati e piacevolmente allucinogeni che riesce a unire più anime e culture distanti e che raggiunge punte eccellenti come nella molle psichedelia di “Colombo”, fra le cui nebbie spuntano dei fiati stupendi anche se timidi. Le tracce dal vivo sono altrettanto belle e forse proprio per il loro setting concertistico esprimono un’idea maggiore di libertà e anche di instabilità. C’è da aggiungere che sia le edizioni su vinile che su CD, realizzate in tiratura limitata, hanno delle copertine completamente realizzate a mano, anche dai musicisti stessi. A corredo potrete inoltre trovare un corposo booklet con belle foto e la storia completa del gruppo che è anche parte della storia del Progg. La formazione degli Handgjort iniziò successivamente ad allargarsi grazie a numerose collaborazioni, come testimoniato proprio dalla loro performance al festival di Gärdet del Giugno del 1971. Fra gli ospiti saliti sul palco assieme al gruppo ricordiamo Mikael Ramel, Einar Heckscher e Johnny Mowinckel dei Telefon Paisa, Bengt Berger degli Arbete Och Fritid, ed alcuni membri degli Homo Sapiens. Furono presentati alcuni pezzi dell’album riarrangiati ma anche nuove canzoni scritte da Greg. Questa fu anche l’ultima esibizione in assoluto degli Handgjort. Theo e Guy se ne andarono in India mentre buona parte dei musicisti che si esibirono a Gärdet con gli Handgjort, compreso Greg, parteciparono all’album uscito a nome “Tilsammans” per la Silence nel 1973. Greg da parte sua si gettò in mille altri progetti, sempre correlati al prog, inclusa la realizzazione di un network di distribuzione di dischi che rimarrà attivo per oltre un ventennio e inoltre suonerà i synth per molti artisti famosi. Fra le sue produzioni musicali ricordiamo “Snorungarnas Symphoni”, “Bild Cirkus” e “Det Persiska Äventyret”. Album consigliato agli amanti di suoni e ritmi esotici conditi di inebriante psichedelia ma consigliato soprattutto agli appassionati del Progg svedese che aggiungeranno alla loro collezione un capitolo imprescindibile.
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Jessica Attene
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