|
GÁSPÁR ÁLMOS |
Szent Anna tó legendája |
Periferic Records |
2010 |
UNG |
|
Con questa nuova opera solista il violinista dello storico gruppo prog folk ungherese Kormorán torna a parlarci delle leggende della sua terra natia, la Transilvania. Questa volta il nostro menestrello ci porta sulle sponde di un misterioso lago vulcanico, la cui forma ricorda una lacrima, il lago Sant’Anna. Si dice che un tempo in questa regione vi fossero due rocche sulle quali si ergevano i castelli di due fratelli malvagi, i conti Gáspar e Sándor. Un giorno si presentň ad uno di questi, con uno splendido carro fatto d’oro e di gemme preziose, uno straniero. Il signore del castello, che non aveva mai visto nulla di simile, tentň di ottenere il carro con ricche offerte ma poi lo conquistň con l’inganno, vincendo una scommessa e portando via al suo ospite persino i cavalli. Il fratello, accecato dall’invidia, si fece portare dodici bellissime fanciulle da attaccare al suo carro ma il carro era troppo pesante e le fanciulle, che non riuscivano a trainarlo, furono percosse a morte. Una di queste, Anna, lanciň al crudele signore la sua maledizione ed il cielo la ascoltň: i castelli caddero in rovina, furono inghiottiti dalla terra e al loro posto spuntň un lago. Nel lago, dalle acque cristalline, nuotavano dodici cigni che, giunti alla riva si trasformarono in ragazze che tornarono a casa. Una sola di loro rimase in forma di cigno e al tramonto talvolta si puň tutt’ora udire il suo lamento, simile a una preghiera. La storia č narrata dalla voce di Páll Zsolt Ákos, in ungherese nella prima traccia e in inglese nell’ultima. Le restanti nove tracce invece, del tutto prive di parti cantate, ci portano nel cuore del racconto unicamente attraverso le loro suggestioni musicali. In maniera analoga a quanto avveniva con la sua precedente opera solista, Álmos ha strutturato questo nuovo lavoro come una grossa suite sinfonica, intrisa di riferimenti classici e con suoni squisitamente orchestrali che egli stesso ha ideato e realizzato. A questa base sinfonica si mescolano strumenti rock, come la chitarra elettrica di Zoltán Fábián e la batteria di László Hána, che comunque intervengono, la prima soprattutto, soltanto in alcuni contesti in cui la musica si fa piů animata. Il sound č sofisticato e moderno, come avviene del resto in molti gruppi prog ungheresi, After Crying inclusi (anche se questi ultimi si muovono su livelli superiori), ma i momenti piů interessanti sono a mio avviso quelli in cui la musica sinfonica si mescola alle trame folk in un insieme coloratissimo dal taglio moderno e scintillante. Un bell’esempio č “The Alien”, la seconda traccia, in cui gli archi, classicheggianti, si mescolano al flauto e alle percussioni dal sapore tradizionale, arricchite da uno splendido cembalo ungherese che danza allegramente sullo sfondo. Molto bella č anche l’incantevole aria centrale “Anna” che idealmente divide in due l’album. Degna di nota č poi “Pursuit of the Girl”, dotata di belle spinte sinfoniche con lineamenti prog molto vivaci, esaltati dagli intrecci tastieristici che potrebbero ricordare la connazionale Fugato Orchestra. Alcuni brani hanno una dimensione sinfonica ed orchestrale piů accentuata, come la sontuosa “Overture” oppure come “The Crime and Punishment”, illuminata di quando in quando da lampi elettrici, che potrebbe essere la colonna sonora ideale per una ipotetica sequenza cinematografica ispirata a questa vicenda. Mi convincono meno le parti in cui la batteria si fa piů ingombrante, con le sue ritmiche geometriche e squadrate che hanno quasi un sapore sintetico oppure le sequenze in cui la chitarra elettrica si fa troppo aggressiva e tagliente, ma si tratta comunque di episodi abbastanza limitati che si insinuano in un insieme variegato e tutto sommato equilibrato. L’alternarsi di elementi folk, bellissimi, e di quelli sinfonici ed elettrici rappresentano in un certo senso le caratteristiche dei vari personaggi legati alla vicenda e contribuiscono a dipingere, con il solo supporto della musica, lo svolgersi dei fatti. Mi permetto di dire che l’album č godibile e tutto sommato abbastanza riuscito, nonostante qualche pecca e nonostante che alla fine non riesca a superare, a mio giudizio, la bellezza del precedente “Bálványosvár legendája” che poteva vantare tra l’altro un organico di musicisti piů ricco. Se amate le nuove correnti del prog sinfonico ungherese vi consiglio di prendere in considerazione questo album che, come tanti lavori moderni provenienti da questa terra, presenta una visione del Progressive Rock piuttosto particolare e fuori della media delle produzioni a cui siamo abituati.
|
Jessica Attene
Collegamenti
ad altre recensioni |
|