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US |
The road less travelled |
autoprod. |
2011 |
NL |
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A solo un anno di distanza da “Feeding the crocodile” riecco Jos Wernars e i suoi Us. Sempre più “suoi”. Il polistrumentista olandese, anche in questa occasione, si occupa di tutti gli strumenti oltre che delle parti vocali (coadiuvato per queste ultime da Marijke Wernars). Quattro lunghi brani compongono “The road less travelled” e l’impressione che si ha sin dai primi ascolti è che tutti i pregi ed i difetti del precedente lavoro siano ancora presenti nel nuovo full length. Le composizioni rimangono quasi sempre ariose, sufficientemente complesse e con delle buone melodie, ma l’autarchia strumentale di Wernars è sovente controproducente soprattutto nella parti di batteria, piuttosto povere e talvolta anche fastidiose. E questo è un vero peccato… La title track di oltre 20 minuti apre l’album in modo comunque convincente con notevoli sprazzi tastieristici e bei “guitar-solos” ed il leggero flavour psichedelico non stona affatto. Accidenti davvero per quella batteria! Che poi il pezzo risulti anche un “bigino” del prog degli ultimi 40 anni non dispiace per nulla… Francamente deludente la successiva “The signs of our times” (in cui degni di nota sono solo gli interventi vocali di Marijke) che non decolla mai complice anche un suono molto “freddo” degli strumenti. Molta melodia, cori fine anni 6Sessanta (Moody Blues?) e suoni leggermente più caldi e pastosi, nonché qualche breve momento acustico, alzano le quotazioni di “Days of wonder”. Il pezzo migliore dell’album è la conclusiva “Shadowworld”. Bell’inizio soffuso chitarra acustica/tastiere, cantato ipnotico, leggere tracce psichedeliche ed un bel “solo” dell’elettrica. E’ sempre e solo Jos Wernars, ma in questo frangente almeno gli Us sembrano quasi… un gruppo… Un lavoro che non si discosta molto da ”Feeding the crocodile” e la convinzione sempre più marcata che malgrado le possibili difficoltà, il buon Jos dovrebbe riconsiderare l’idea di coinvolgere nel (comunque) suo progetto altri strumentisti e fare ritornare gli Us un vero gruppo.
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Valentino Butti
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