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PAIDARION Behind the curtains Seacrest Oy 2011 FIN

Formazione parzialmente rinnovata per i Paidarion, band che, ricordiamo, è una sorta di “costola” dei Mist Season. Se sono confermati, rispetto al debutto, Kimmo Pörsti alla batteria, Jan-Olof Strandberg al basso e Jaan Jaanson alla chitarra, stavolta la line-up è completata da Elina Hautakoski alla voce, Kimmo Tapanainen alle tastiere e Risto Salmi al sassofono (ai quali si uniscono anche ospiti al flauto, al basso, al violino e alla voce). Per il nuovo album, intitolato “Behind the curtains” resta grosso modo confermato l’indirizzo stilistico dell’esordio “Hauras silta” e cioè un progressive melodico e aggraziato, con spazio a inserimenti vicini al folk e ad un jazz-rock non troppo articolato e con qualche riferimento ad alcuni storici artisti finlandesi (Wigwam in primis). Il disco può essere visto come un concept che ha per protagonista una trapezista. Il sipario, gli spettacoli, le esibizioni, la propria abilità diventano allegorie su sogni, futuro, passato e le difficoltà della vita. Sulla musica che dire? Non aspettatevi una proposta cerebrale e con eccessive complessità. Semplicemente… Aspettatevi gran classe e tanto buon gusto! Una musica che scorre via lineare, miscelando suoni elettrici ed acustici con una ricchezza ed un’eleganza strumentale fuori dal comune. L’incipit “Behind the curtains” è emblematica con la sua introduzione d’atmosfera, in cui escono fuori anche suoni di Mellotron, che guida il brano verso un andamento malinconico, guidato dalle tastiere e dal basso. Si nota immediatamente un sound pulitissimo e levigato e si percepisce, così, la grande cura dedicata all’aspetto timbrico e alle fasi di registrazione e produzione. “A small wish” è il primo brano cantato; basso e batteria creano ritmi sfavillanti, vagamente orientati al jazz, ma l’entrata delle parti vocali spinge verso un pop-prog di qualità, dove emergono anche interessanti dialoghi tra sax, tastiere e chitarra elettrica. L’album va avanti così, alternando brani strumentali elegantemente costruiti ed in cui tutti i musicisti dicono la loro, mettendo alla base un prog romantico molto gradevole all’ascolto, spesso con una traccia elegiaca, ed altri cantati un po’ più diretti, ma sempre validissimi. Ogni tanto vien fuori anche una venatura jazzistica, come nella soffusa e notturna “A springtime meadow”, resa ulteriormente suadente dalla dolce voce di Elina e dal bell’intervento del sax, o classicheggiante, come nell’apertura, guidata dall’organo, di “A leap into the unknown”. Le composizioni, pur mantenendo sempre una forte linearità, sono comunque ben articolate, spesso si dipanano lungo un minutaggio elevato e ciò permette costruzioni particolarmente rifinite e ricche di sfumature. Spettacolare la conclusiva “The final show”, aperta, con estrema raffinatezza, da piano e flauto, poi subentra il violino a donare un ulteriore tocco classicheggiante; dopo quattro minuti di magica introduzione si spinge più sull’acceleratore, con l’innesto della sezione ritmica e sax e tastiere a guidare una fusion spedita, eppure romantica e fluida, prima di cedere il passo alla chitarra elettrica che, su tempi più compassati, si esibisce in un assolo tecnico e di grande effetto. Negli ultimi venti secondi, poi è di nuovo il piano a recuperare la docile melodia iniziale. Un gioiello davvero di grande valore! Da elogiare anche l’artwork opera del sempre attivissimo Davide Guidoni, ulteriore suggello di un lavoro di gran pregio.


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Peppe Di Spirito

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