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DESERT WIZARDS |
Desert wizards |
Black Widow |
2011 |
ITA |
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La prima cosa che mi è venuta in mente avendo tra le mani il cd dei Desert Wizards (gruppo che viene dalla provincia di Ravenna) è che la copertina mi ricordava qualcosa, quel qualcosa era la copertina di “visioni, deliri e illusioni” dei piacentini Wicked Minds (uno dei gruppi di punta della Black Widow). Ambientazione e modella sono infatti le stesse, cambia la posa della ragazza ritratta e la prospettiva della fotografia. In tempi di crisi e di tagli l’etichetta genovese ha creduto bene di risparmiare anche sul fotografo. Battute a parte, i nove brani che compongono il disco d’esordio della band ravennate (anticipati lo scorso anno da un demo) sono piuttosto interessanti, riproponendo delle sonorità che uniscono elementi hard rock, psichedelici, doom e stoner. Miscela stra-abusata ultimamente dai gruppi che fanno parte della scuderia della label svedese Transubstans, ma che in ogni modo fa sempre un certo effetto, soprattutto se a ricrearla è un gruppo giovane proveniente dal nostro bel paese. Forti influenze di Electric Wizard, Doors, logicamente Black Sabbath e primi Pink floyd (anche se a me personalmente a tratti sembra di ascoltare i Fuzztones più pesanti e veloci) fanno di questo disco un omaggio a una parte del mondo rock anni settanta. Mondo che apparentemente sembrerebbe non far parte del DNA dell’appassionato medio di rock progressive ma che invece,visti gli innumerevoli punti di contatto tra i vari generi, tramite lavori di questo genere potrebbe risultare parecchio interessante anche a chi non è avvezzo a determinate sonorità. Logicamente, come nella quasi totalità degli esordi musicali, questo disco non è esente da pecche. Le voci (sia maschile sia femminile) non sono sempre precise e gradevoli per esempio, ma in progetti di questo tipo è sempre difficile capire se sia una carenza di tipo tecnico oppure quanto questo sia effettivamente voluto per ricreare una determinata atmosfera. Anche il suono molto semplice e scarno delle tastiere, pur essendo coerente al contesto sonoro nel quale vengono usate, non credo potrebbe piacere a chi è abituato a differenti registri sonori. Di fronte comunque a riff chitarristici come quelli che troviamo in “Last call to Saturn” o “Waiting for the Sun” o brani come “Pulsar”, la sensazione di trovarci di fronte a una band che sappia comunque sempre quello che fa è ben presente. Un gruppo che sicuramente può solo migliorare e togliersi parecchie soddisfazioni col passar del tempo.
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Antonio Piacentini
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