|
ORQUESTA METAFISICA |
7 movimientos |
autoprod. |
2011 |
ARG |
|
In un paese come l’Argentina, terra di enorme tradizione musicale, il progressive rock doveva per forza di cose trovare un terreno fertilissimo. Già dalla fine degli anni ’60 e per tutti i seventies, gruppi come Almendra, Pescado Rabioso, Sui Generis, Mia, Bubu, Aquelarre, Espiritu, Vox Dei, ecc. hanno vivacizzato tantissimo un movimento che ha lasciato in eredità un numero ampio di lavori di estrema qualità, grazie anche a menti straordinarie, tra le quali ricordiamo Lito Vitale e Luis Alberto Spinetta. Nell’ultimo decennio stiamo assistendo a quella che potremmo quasi considerare una vera e propria rinascita del progressive argentino, che sta regalando nuove meraviglie per merito di numerosi artisti che viaggiano nei vari campi che vanno dal rock sinfonico al R.I.O., dal jazz-rock al Canterbury sound, fino ad arrivare, come il caso che stiamo per esaminare, ad un bel processo di contaminazione. Il gruppo denominato Orquesta Metafisica, infatti, esordisce nel 2011 con l’album “7 movimientos”, registrato dal vivo in studio. Si tratta di un sestetto che prevede già una strumentazione molto particolare: Sebastian Volto al piano, Rhodes e moog, Sebastian Rosenfeldt al basso e stick, Sebastian Ricciardi alla batteria e percussioni, Fabian Araya al sax, flauto e tromba, Pablo Gignoli al bandoneón e Mariano Malamud alla viola. Come si può constatare si tratta per la stragrande maggioranza di strumenti acustici ed anche i numerosi ospiti presenti contribuiscono andando verso la stessa direzione, incrementando soprattutto il numero di fiati e di percussioni. Piano, vocalizzi femminili, strani e sinistri rumori in sottofondo… E’ così che inizia il disco, con “Esclavos”, che va in un crescendo conturbante, nel quale anche il bandoneón e il violino fanno la loro parte, mostrando quella che diviene la caratteristica precipua della musica degli Orquesta Metafisica: un mix riuscitissimo e intrigante di scuola classica, tradizione argentina e rock. In “Delirium tremens”, che risulterà uno dei gioielli del cd, il gruppo osa ancora di più, mostrando tentazioni di avanguardia e soluzioni cameristiche, ricordando vagamente i belgi Present, anche se l’intenso utilizzo di marimba, vibrafono e fiati dopo i due minuti e mezzo spinge verso un originale jazz-rock. E se “Plaza de Mayo”, “Rey” (piano emersoniano, più percussioni à la Santana, più bandoneón che accenna al tango!), “Voluntad” confermano una serie di combinazioni di stili diversi mantenendo un senso di omogeneità, ci sono episodi più ricercati e ugualmente riusciti, come “Exilio”, dolcissima e malinconica, un po’ Mia, un po’ King Crimson più melodici, e “Iluminados”, altra spinta verso il R.I.O. (ma senza estremizzare) con le sue atmosfere un po’ minacciose e le dissonanze mai eccessive. Dopo le sette tracce che formano i “7 movimientos” ne troviamo poi altre due, “Mi chaparrita” e “Animal”. La prima è un bel brano melodico, in cui viene a galla ancora il sound classicheggiante del piano, che su ritmi compassati si incrocia con un sax floydiano (avrete sicuramente in mente “Us and them”…) e con l’eleganza della viola. La seconda è un vivace jazz-rock dai colori a tratti canterburiani e a tratti sudamericani. Prog, musica classica e da camera, rock, jazz, tango… I cultori più attenti sanno che questi generi si sono incrociati tante volte nel corso degli anni. Eppure “7 movimientos” risulta davvero un ottimo disco, probabilmente non adatto proprio a tutti i gusti, ma che mostra un gruppo immediatamente maturo, che sa quello che vuole e che riesce a far trasparire una fortissima personalità, con un discorso musicale credibile. In un panorama super inflazionato di cloni e manierismo questo debutto diventa subito un piccolo gioiello!
|
Peppe Di Spirito
|