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ASTRALFISH |
Far corners |
Noh Poetry Records |
2012 |
USA/UK |
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Chi ha ascoltato e apprezzato i lavori degli Spirits Burning si ricorderà sicuramente della particolare vastità della loro line up, praticamente un collettivo di musicisti composto da un nutrito e mutevole numero di personaggi coinvolti in maniera più o meno rilevante nel movimento space rock e progressive, diretti e guidati dal tastierista e produttore americano Don Falcone. L’ultimo disco degli Spirits Burning è “Behold The Action Man”, uscito nel 2011, una sorta di bizzarro omaggio psichedelico al cinema noir... Gli Astralfish ripercorrono nel 2012 gli stessi sentieri musicali degli Spirits Burning, con una discreta quantità di ospiti e musicisti coinvolti, quindici in tutto, in larga parte già attivi negli Spirits Burning come in altre realtà come Culture Shock, Karda Estra e Quiet Celebration, fra i quali è sempre ben gradita l’apparizione di Daevid Allen (presenza fissa negli Spirits Burning) e, soprattutto, ritroviamo una Bridget Wishart piuttosto determinante in fase compositiva con il suo singolare EWI synth, un particolare tipo di sintetizzatore che funziona in maniera similare ad uno strumento a fiato, da cui il nome “Electronic Wind Instrument”, dotato di buona versatilità e di una gamma sonora piuttosto estesa. “Astralfish”, disco completamente strumentale, in un certo senso approfondisce e mette in evidenza il lato più elettronico e contaminato dei Spirits Burning, tenendo in disparte gli elementi più tipicamente rock, non a caso il lavoro di mastering è stato affidato al maestro dell’ambient Robert Rich. Le sonorità del disco mantengono per tutta la sua durata una qualità eterea e sognante: in buona parte condizionato dai lavori ambient di Falcone usciti per la Silent Records e in minima parte anche dalle esperienze della Wishart negli Hawkwind di “Palace Springs” e “Space Bandits”, nei momenti più quieti come nell’introduttiva “Far”, suonata insieme a Daevid Allen, le atmosfere di “Far Corners” si avvicinano ai frammenti più cosmici dei Gong e dello Steve Hillage solista. Altrove la vena psichedelica viene spesso e volentieri diluita in una strana miscela di suoni e situazioni che si orientano verso strade diverse e complementari: dalle sinuose atmosfere electro-jazz crepuscolari ed ombrose ad un efficace classicismo polveroso con squarci decadenti degni di Simon House; alcuni passaggi evocano scenari piuttosto inquieti e delineano paesaggi alieni, mentre in altri frangenti gli Astralfish si spostano verso una rilassante ed elegante trance music semiacustica, con risvolti di musica “new-age” delicatamente sinfonica oppure dalle rimembranze etniche di raga indiani. Nonostante il vasto repertorio ed una vaga impressione di caos e disordine nel rappresentare tanti stili differenti racchiusi in una sequenza di brani mediamente brevi, un’impressione che a dire il vero si lega anche all’esperienza d’ascolto degli Spirits Burning, il suono di “Far Corners” mantiene una sua particolare omogeneità, al di là delle perplessità iniziali il disco riesce a conquistare un suo spazio dopo pochi ascolti... tenendo pure conto che, a mio avviso, i brani più interessanti sono inseriti circa dalla metà del disco in avanti... Gli Astralfish, come gli Spirits Burning, rappresentano sicuramente una buona aggiunta alla nostra discografia progressive!
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Giovanni Carta
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