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THE BAD MEXICAN |
This is the first attempt of a band called |
Lizard Records |
2011 |
ITA |
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Il trio nasce dopo lo scioglimento della techno death metal band senese Valkyrian, autrice di un unico album nel 2009. Il chitarrista Tommaso Dringoli, il bassista Filippo Ferrari ed il batterista Matteo Salutari intraprendono una strada che pare condurre oltre i margini di un baratro senza fondo, portando avanti una sperimentazione che non contiene quasi traccia della passata esperienza death. Anche se forse la scelta attuale risulta ancora più estrema. A dire il vero sembrerebbe che i toscani si divertano a prendere per il naso l’ascoltatore, facendogli credere di stare ascoltando chissà che avanguardia. La verità è che si tratta di una sperimentazione spesso senza contorno, senza corpo, che dall’iniziale “A Melody soft and Lazy”, una sorta di revival di un macabro horror italiano anni ’70 di serie B, confluisce in “Inches”, il cui inizio zappiano è degno di nota. Ma nel corso di dodici lunghissimi minuti si rimane sospesi nell’aria con un’elettronica ambient soffusa e pesante, indistinguibile, che si riaccende nel finale. Stessa cosa con “miles” (scritto minuscolo di proposito), undici minuti in cui non succede nulla se non nei minuti finali, passando da riverberi a dissonanze e voci radiofoniche. Il prog che sa tanto di RIO e psichedelia arcigna viene di colpo fuori in “Steps”, “Dirty Sanchez” (a tratti zeppeliniana, dove con molta professionalità, in lingua inglese, viene spiegata dettagliatamente una pratica sessuale abbastanza nota…) e l’atmosferica “[z’opho’phi’a]”. Brani il cui riferimento sembra essere il Ron Thal più sperimentale e questo risulta un clamoroso punto a favore del gruppo nostrano. Se poi vi piacciono i rumori vari, “Carosello” e “Lucifer Rising on Ciudad Juarez” potrebbero anche meritare il Vostro ascolto. Se così non è, fermatevi pure qua. Medesimo discorso fatto in un’altra recensione per i Resistencia Chaco: se quanto ascoltato vuole essere l’impatto spiazzante del primo album, un’azione che disorienta ad un livello tale da essere capace di far scaturire il famoso “purché se ne parli”, il lavoro in sé potrebbe passare pure per un’opera originale. Di sicuro, se si desidera andare avanti, dalla prossima uscita occorrerà mettere finalmente “sostanza” ai propri pezzi. Questo non vuol dire non sperimentare o non dover avere pretese di originalità. Da alcuni episodi, infatti, il gruppo toscano sembra avere le carte vincenti per proporre qualcosa di realmente importante. Occorre però tirarle fuori. Tra l’altro, stando a quanto si legge nel booklet, si registra l’entrata del sassofonista Davide Vannuccini, cioè un’ulteriore cartuccia da sparare. Per concludere, all’interno trovate anche un rebus da risolvere. Divertitevi!
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Michele Merenda
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