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MUSHGOONS Hallucinated livestock Raffinerie Musicali 2012 ITA

Se si potesse misurare il PH dei dischi, quello di “Hallucinated livestock” sarebbe sicuramente molto basso. Acido all’eccesso, ipnotico e straniante, l’album dei milanesi Mushgoons è un trip senza compromessi costruito sulle capacità improvvisative dei musicisti, molto abili nel partire da una probabile idea di fondo costruita dalla sezione ritmica per lanciarsi in linee melodiche e assoli carichi di overdrive. Non ci sono tastiere, per cui la parte solista è affidata alla perizia della chitarra elettrica, con il basso che alterna la tradizionale funzione d’accompagnamento alla creazione di linee melodiche, spesso distorte. La formazione ristretta a tre elementi (anche se pare sia presente in formazione un quarto componente, un altro bassista, diversamente da quanto indicato nel libretto) non sembra essere un limite, dato anche il sapiente uso di effetti come eco e delay e l’uso del feedback, sfruttato sovente come componente strumentale creativa.
Nonostante “Hallucinated livestock” sia un prodotto da studio, il feeling che trasuda dai diffusori è spudoratamente live, come se l’album fosse stato registrato in presa diretta o perlomeno con poche sovraincisioni. Le tracce, quattro, tutte al di sopra dei sette minuti, per una durata complessiva di trentasette minuti, suonano infatti molto compatte e omogenee, brillanti di vivide luci psichedeliche e sature di furia esecutiva, spesso con una scansione ritmica lenta e meditata ma pronta ad esplodere con cattiveria. I riferimenti sono orientati verso la psichedelia e lo space rock più allucinato, con una tendenza a sbilanciarsi verso lo stoner, che fa capolino ogni tanto. Pink Floyd, Hawkwind e Blue Cheer sono stati senz’altro fonte d’ispirazione per i Mushgoons.
“Hallucinated livestock” ha bisogno di una certa apertura mentale perché il suo ascolto sia gratificante, soprattutto se preferite i suoni puliti e melodici. Se invece non avete problemi ad abbandonarvi e lasciarvi trasportare dalla musica straniante e intensa che trasuda dal disco, allora avrete vita facile. Non che le tracce manchino di melodia, solo che questa viene stravolta da un modo di suonare spesso ossessivo e da arrangiamenti che privilegiano l’intensità emotiva piuttosto che la precisione e la qualità esecutiva, la quale trova probabilmente piena giustificazione nelle esibizioni dal vivo della band, che non fatico ad immaginare molto più soddisfacenti dell’ascolto di un prodotto da studio.


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Nicola Sulas

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