|
ELEPHANTS OF SCOTLAND |
Home away from home |
autoprod. |
2013 |
USA |
|
Quattro signori con l’aspetto di tesserati del CRAL che chiudono una faticosa giornata di lavoro in compagnia suonando Prog. Gruppi così sono il sale del nostro genere di riferimento da venti anni a questa parte ormai! Dilettanti con mezzi limitati ma con tanta passione, un po’ sciatti ma sufficientemente preparati da fare un CD, per lo meno dignitoso, che contenga tutti i riferimenti ai gruppi che li hanno ispirati. E’ vero, oggigiorno chiunque può realizzare un CD, anche se forse sarebbe meglio astenersi se non si hanno troppe idee o nulla che valga la pena suonare, ma in fondo perché non togliersi qualche edonistica soddisfazione personale? I nostri quattro elefanti, seppure si dichiarino scozzesi, provengono dagli Stati Uniti e questo album è il loro esordio che viene venduto sia in formato digitale che fisico ad un prezzo contenuto. Dan MacDonald al basso, Ornan McLean alla batteria, Adam Rabin alla voce e alle tastiere e John Whyte, chitarra e voce, hanno tutti altre esperienze musicali anche di vecchia data ma per lo più al di fuori della sfera del Prog. Che non siano musicisti di primo pelo si sente ma questo non li salva dal commettere qualche ingenuità. Diciamo subito che l’album non è tutto omogeneo, anche se orbita per la maggior parte in ambito New Prog. Troviamo poi qualche escursione in territori Space Rock, come nell’apertura di “Geograph” un po’ alla Ozric Tentacles, qualche rifinitura sinfonica con un bel Moog in “Full Power”, un pizzico di Rush qua e là e tantissimi echi anni Ottanta che fanno pensare ora ai Depeche Mode ma anche ai Police, come nella title track, dove si ripresentano influenze spaziali. Il punto più debole dell’album è forse rappresentato dal cantato, senza carattere, scialbo nello stile e decisamente impreciso negli acuti che forse avrei accuratamente evitato. Bisogna però dire che in fondo non è fastidioso e nemmeno troppo invadente. Le continue oscillazioni stilistiche fanno perdere molta potenza all’album e alcune tracce sembrano impaludarsi addirittura per la loro mancanza di dinamicità, come quella conclusiva ad esempio, “Errol Mc Squisitor”, che è anche la più lunga con i suoi undici minuti e passa. Una nota di merito sta invece nell’aver scelto di registrare un’opera tutto sommato breve, 42 minuti in tutto, fatto questo che non ci fa arrivare alla soglia dell’esaurimento nervoso al termine dell’ascolto. La sezione ritmica a volte è anche troppo lineare, e anche questo mi ricorda un po’ certe soluzioni anni Ottanta e mancano quasi del tutto atmosfere di impatto. Gli elementi tastieristici li giudico sufficienti, anche se a volte non apprezzo i registri scelti che rievocano spesso atmosfere cosmiche ma altre volte perdono in brillantezza e potenza. Detto questo direi che i colleghi del dopolavoro potranno passare sicuramente una bella serata ascoltando la musica dei loro amici, per ascoltatori più smaliziati servirebbe invece ben altro. Se l’ambito rimane quello amatoriale, i nostri quattro elefanti potranno essere applauditi da parenti e conoscenti, se l’intento è invece quello di gettarsi nel mercato, diciamo che i nostri pachidermi hanno decisamente le zanne spuntate.
|
Jessica Attene
Collegamenti
ad altre recensioni |
|