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QUANAH PARKER |
Quanah! |
Diplodisc |
2013 |
ITA |
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Il pianoforte della nuova “Chant of the sea-horse” apre il sipario su un’atmosfera da crepuscolo tardo-estivo, resa tale da evocativi vocalizzi femminili. Nuova, sì, perché buona parte delle canzoni fa parte di una lunga storia cominciata per lo meno nel 1981. Protagonista della scena veneziana dell’epoca, la band del tastierista/fondatore Riccardo Scivales può addirittura forgiarsi di aver fatto parte del periodo in cui si segnalava la rinascita del progressive con quello che venne poi ribattezzato new-prog. Curiosamente, questo “Quanah!” è tanto l’esordio quanto la raccolta antologica di un gruppo che si sciolse nel 1985 per problemi legati principalmente al servizio militare obbligatorio. Una realtà musicale che torna rifondata nel 2005, stabilizzandosi definitivamente nel 2010 e riproponendo parte dei vecchi pezzi con una nuova produzione e con nuovi protagonisti. Alessandro Monti – oggi nella Diplodisc – viene ricordato nelle note di copertina dallo stesso Scivales come il primissimo cantante dei Quanah Paker ed ispiratore dei testi, dimostrandosi elemento preziosissimo soprattutto per la grande amicizia e sensibilità. Il quintetto italiano ha partecipato a diverse manifestazioni dal vivo, proponendo quello che i diretti interessati definiscono art-rock come esigenza espressiva priva di qualsiasi espressione consumistica. Il neo-prog sinfonico, che ovviamente deve parecchio soprattutto ai Genesis ma anche ad altre compagini come Yes e Gentle Giant (per non parlare di tutto ciò che ne è derivato in seguito), per una volta non risulta elegantemente stucchevole, ma grazie alla voce di Elisabetta “Betty” Montino si propone sia raffinato che convincente, rivelandosi molto più espressivo di tanti illustri e blasonati colleghi. La successione di “No time for fears”, “Quanah parker” e Sailor song” farà la gioia di tutti gli amanti di queste sonorità, con la Montino che lascia spaziare la propria tonalità e conferisce colore alle composizioni. La strumentale “Flight” è tra le cose migliori, con bilanciati controtempi che vedono impegnati il batterista Paolo “Ongars” Ongaro e soprattutto il bassista Giuseppe Di Stefano, mettendo in luce la tecnica del chitarrista Giovanni Pirrotta, il quale non fa affatto rimpiangere lo storico predecessore Roberto Noé. “The garden awakes” per un attimo fa pensare alla più famosa “Starway to Heaven”, per evolversi poi in qualcosa di molto simile ai Threshold del primo “Wounded land”. “After the rain”, chiaro tributo ai grossi nomi citati sopra, vede nel finale i vocalizzi della Montino alternarsi al commento strumentale di Pirrotta, sempre con una mobilissima base di basso in bella evidenza. “Asleep” è una delle nuove composizioni e mostra una grande freschezza, nonostante gli ovvi richiami al passato; si capisce bene che questo è un pezzo costruito attorno alle capacità dei musicisti coinvolti e ne sfrutta al meglio le peculiarità, in primis la stessa Montino, che con i suoi vocalizzi gareggia apertamente con la connazionale Sophya Baccini (Presence). Un richiamo alla latinità che viene fuori prepotentemente con le partiture sudamericane di “Silly fairy tales”, anch’esso brano di nuova composizione in cui si mette in luce un sempre ottimo Pirrotta, assai vicino ad Andy Latimer dei Camel. “People in sorrow” è una decisa puntata nella canzone melodica, senza però mai snaturarne la natura prog ed esaltandosi con trovate vocali da soprano, su un pianoforte limpido che detta legge. Degna continuazione ed allo stesso tempo conclusione è “The limits of the sky”, altro nuovo brano che termina sulle note del basso. A dire il vero ci sarebbe anche “Shenn menn”, suonata dalla vecchia formazione e qui rimasterizzata. A voi scoprirla e fare (se è il caso) gli eventuali paragoni.Riccardo Scivales è autore di una ventina di libri di musica, oltre a trascrizioni e arrangiamenti eseguiti anche negli USA. Docente all’Università di Venezia dove ha anche tenuto un corso sul prog-rock e sugli Yes, ha collaborato con lo storico Tony Pagliuca (Orme) e gli spartiti di alcuni dei brani proposti su quest’album sono stati pubblicati su prestigiose riviste specializzate statunitensi, spesso introdotti da articoli scritti sempre di suo pugno. Un artista molto attivo che sembra aver (ri)trovato dei degni compagni di percorso.
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Michele Merenda
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