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SEIN |
La flor y la mierda |
Epsamusic |
2010 |
ARG |
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Il fiore e la merda del titolo sono stati messi lì a ricordarci che all’interno dello stesso essere umano possono convivere sentimenti opposti: la stessa persona che commette le più terribili atrocità, allo stesso modo è capace di offrire le più tenere dimostrazioni di affetto. Le storie ed i personaggi ritratti in questo debutto discografico sono l’esemplificazione di questa dualità che però non viene rispecchiata affatto dalla musica, sempre radiosa, sinfonica e priva di forti contrasti. Questa veste limpida e innocente, che lascia trasparire qualche ingenuità, quella cantautorialità a volte un po’ alla buona, direi dal sapore familiare, che ricorda un po’ l’approccio dei connazionali e ben più celebri Sui Generis, ci riporta al prog argentino d’annata con forti riferimenti ai Serú Girán, la creatura più sinfonica del tastierista Charly Garcia, e più di rado alla sofisticata Máquina de Hacer Pájaros, che fa capo sempre allo stesso personaggio. I più immediati riferimenti ai Genesis o, in minor misura agli Yes, che possiamo scorgere in modo diffuso sono sicuramente riletti alla luce di queste splendenti esperienze del passato, cosa che non deve meravigliarci più di tanto, dal momento che stiamo parlando di veri e propri punti cardinali della storia musicale di questo paese. Il sentore di questo album ci riporta dritti dritti agli anni Settanta anche se certe scelte, certe colorazioni di Moog, e certe arie spensierate, quasi radiofoniche, fanno capolino nel decennio successivo. E’ ad esempio il caso di “T.H.E ser natural” dove si respira quasi aria di hit parade di fine anni Ottanta. Ma che questa affermazione non vi confonda più di tanto, i Sein rivolgono certamente lo sguardo al passato, come appena spiegato, ma posseggono anche un approccio abbastanza moderno, tanto quanto basta per apparire vintage ed evitare allo stesso tempo eccessive patinature e fastidiose plastificazioni. Viene preferito il pianoforte agli altri synth e anche le chitarre acustiche sono ben rappresentate e questi strumenti legano fra di loro e con la voce in modo semplice creando un effetto romantico e spontaneo. Le tastiere hanno colori genesisiani in generale con qualche tocco New Prog nei punti più ammiccanti. Forse non sempre all’altezza è il drumming, un po’ troppo regolare e schematico, ma che comunque non penalizza la freschezza della proposta musicale. Una menzione particolare va alla centrale “Catalina”, aperta da un’introduzione che ricalca un tema musicale popolare cantato da un coro di voci infantili. Si tratta di un pezzo melodico con arie tastieristiche piacevolmente sognanti. E poi c’è “La suite del monstruo” che occupa gran parte dell’album, composta da otto pezzi molto brevi, ben miscelati e variegati al punto giusto. A seguire sono stati aggiunti i radio edit di quattro pezzi, a dimostrazione che il gruppo non disdegna rivolgere la sua attenzione ad un pubblico più ampio, ed una bonus track. La confezione di questo disco, in uno stravagante formato cartonato 23 x 23, contiene anche un DVD con cui potrete ascoltare l’album in surround 5.1 e nel quale sono contenuti due extra e cioè la versione a cappella di un paio di tracce. Stravaganze a parte, questo album colpisce proprio per la sua formula semplice che ci riporta ad alcuni classici del prog inglese riletti con una sensibilità tutta argentina. Un’opera bella così com’è, con pregi e difetti, che non dispiacerà affatto ai cultori del prog romantico, soprattutto a quelli che sono un po’ stufi di album fin troppo patinati e studiati al millimetro.
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Jessica Attene
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