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IL RUMORE BIANCO |
Mediocrazia |
autoprod. |
2013 |
ITA |
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In attesa del full-length, il sestetto veronese immette sul mercato questo mini-album di quattro brani chiamato molto emblematicamente “Mediocrazia” (in aperta opposizione al concetto-miraggio della “meritocrazia”), dove è possibile avere un assaggio delle loro propensioni musicali e del discorso compositivo che almeno in teoria si vorrebbe portare avanti. Tecnicamente, il rumore bianco è un particolare tipo di suono caratterizzato dall'assenza di periodicità nel tempo e da ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze. Secondo la fonte di Wikipedia, viene chiamato così per analogia con il fatto che una radiazione elettromagnetica di simile spettro, all'interno delle banda della luce visibile, apparirebbe all'occhio umano come luce bianca. Anche se poi si tratta di un concetto abbastanza teorico; sembra infatti che nella pratica il rumore bianco non esista, in quanto nessun sistema è in grado di generare uno spettro uniforme per tutte le frequenze esteso da zero a infinito. Facendo i conti con la pratica, quindi, abbiamo fenomeni che possono avere caratteristiche simili, ma non identiche. Detto che il gruppo ha dichiarato di prendere il proprio nome dal fenomeno sopra descritto, fa riflettere appurare che esista anche un romanzo dello scrittore americano Don DeLillo intitolato proprio “Rumore bianco” (“White noise”), in cui si esplorano, tra le altere cose, i temi della saturazione mediatica, dell’intellettualismo spicciolo, della paranoia, delle qualità potenzialmente intrinseche alla violenza umana, del consumismo rampante e della riduzione dello spazio privato. Un grigiore esistenziale che ricorda molto da vicino quello usato per l’intera confezione, come se fosse un blocco levigato di cemento, con lo sfondo di una metropoli conformata alla stregua di un codice a barre, mettendo in primo piano una sagoma umana scura e anonima dotata di valigia da lavoro, sul cui capo pende un cappio. Allo stesso tempo, però, come dimostrano le liriche di “Tutto un Sogno (parte 1)”, sembra che esista la percezione di poter cogliere modi di esistere differenti, che magari sono esistiti in passato e che si potrebbero intravedere grazie a qualche spiraglio di fortuna. Un vago senso di ribellione interna, quindi, che viene descritta con una musica in cui il rock alternativo italiano di gruppi come i vecchi Timoria o i Ritmo Tribale viene spesso“progressivizzato” con ritmiche complesse ed anche con elementi (sebbene alla lontana) di derivazione jazz. Da questo punto di vista strettamente musicale va quindi ascoltata con attenzione “Il Primo Attore”, in quanto il sax guida in secondo piano le danze assai spigliate, tanto che a tratti si potrebbe pensare che la fonte a cui ogni tanto si attinge abbia una targa con sopra scritto: “Area”. Nessuna emulazione (per quella, peraltro ottima, bisogna rivolgersi ai Cormorano) e nemmeno la pretesa di fare chissà quale paragone, ma resta il fatto che le potenzialità di questo brano stanno proprio nei rimandi agli anni ’70 italiani e alla relativa ricerca nel campo di estrazione jazzistica. Così come va ascoltata la parte strumentale di “Tutto un Sogno (parte 2)”; un pezzo che dura nove minuti, in cui c’è un po’ la summa della proposta del gruppo veneto e che presenta nella parte centrale un’impennata rabbiosa da sentire più volte. Forse i nostri stanno decidendo che strada prendere. O forse pensano di poter proporre una specie di melange, magari per non dare punti di riferimento che li possano standardizzare. Di certo, ci sono delle basi prog che lasciano ben sperare, anche perché non sembrano affatto convenzionali. Altrimenti, si può sempre diventare una di quelle band di rock tricolore che denotano una certa estrazione culturale, pregio e a volte limite della proposta in sé. Sarebbe anche interessante sapere se l’album “intero” sia già pronto oppure si trovi ancora in embrione… Beh, non resta che aspettare e stare a vedere cosa ci combinerà Il Rumore Bianco con le sue frequenze variabili nella loro uniformità.
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Michele Merenda
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