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SOLSTICE COIL |
Commute |
Taklit Music |
2015 |
ISR |
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Terzo album per la prog-metal band di Tel Aviv, che ancora una volta vede avvicendarsi la sezione ritmica, annoverando stavolta tra le proprie fila il bassista Mihael Galperin ed il batterista Yakir Fitousi. Proprio quest’ultimo cambio è stato oggetto di un esilarante video su youtube, dove gli israeliani inscenano i provini per la ricerca del nuovo batterista,facendo così la parodia dei Dream Theater ai tempi della defezione e quindi sostituzione di Mike Portnoy. È stato perciò creato una specie di pathos mediatico, che ovviamente ha contribuito al senso di comicità generale (da citare poi il silenzio del nuovo bassista, le cui espressioni assenti sono degne di “Cinico TV”!). Pare che a grande richiesta dei fan ci si sia decisi a stampare il nuovo lavoro su supporto audio; se ne deduce, quindi, che nell’immediato passato “Commute” fosse disponibile solo in formato da scaricare sul loro bandcamp. Supposizioni a parte, la componente prog-metal citata in apertura si sente molto nitida ed il Teatro del Sogno non è poi così lontano nell’ispirazione. Anche se poi l’iniziale “New Eyes” ricorda (soprattutto nelle strofe) i Sieges Even più melodici, con riff inziali che si arrovellano su loro stessi e che poi si vanno man mano distendendo, lasciando spazio ad un intermezzo serrato e ponendo l’accento sul cantato acuto del cantante/chitarrista Shir Deutch. Fa seguito l’apertura tecnologica di “Forget Your Eyes Saw Us”, con successive aperture melodiche e liriche. Si continua con la lenta “Shuffle the Cards”, dove vi sono synth ed arpeggi in evidenza. Bello il finale, complesso e con la chitarra solista di Opher Vishnia in evidenza. “Anywhere” è un intermezzo strumentale di un paio di minuti, suonato con l’acustica, a suo modo uno spartiacque. Difatti, subito dopo c’è l’attacco duro di “The Bargain” in netta contrapposizione, che apre un pezzo epico capace di ricordare vagamente proprio le terre d’origine della band, forse anche per l’uso delle percussioni ad opera dell’ospite Yatziv Caspi, vale a dire… il precedente batterista del gruppo! Anche se a tratti sembra “arrancare”, il cantato è molto limpido. Quasi nove minuti che probabilmente danno vita alla composizione migliore, con una lunga coda strumentale dapprima molto rilassata e poi più claustrofobica, dominata dagli effetti tastieristici di Shai Yallin e dai pesanti riff iniziali. Altro intermezzo strumentale e pacato sarebbe “An Oldie (But Your Kids Are Gonna Love It)”, però stavolta con un sotterraneo nervosismo crimsoniano, prima della conclusiva “Nowhere”, le cui coordinate sono da rintracciare in buona parte degli elementi fin qui raccontati. “Commute”, che vede emblematicamente degli uomini indaffarati al computer sull’orlo di un precipizio desolato, ha dei bei momenti, anche esaltanti, intervallati però a degli altri di stanca. Serve sicuramente superare quest’ultimi, per poter elevarsi dalla media imperante nel settore. Gli interessati, comunque, si affrettino: come sopra già accennato, si tratta di una pubblicazione voluta su pressione dei fan, stampata (si legge qua e là su internet) in sole trecento copie. Una vera e propria limited edition.
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Michele Merenda
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