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KEVIN KASTNING |
Otherworld |
Greydisc |
2015 |
USA |
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Folk acustico dall’oltretomba? Questo diciannovesimo lavoro del chitarrista jazz Kevin Kastning in effetti sembra quasi realizzato in una sorta di limbo oscuro, una zona del crepuscolo ben raffigurata dalla tetra copertina tratta da un dipinto di Ken Browne. Nella sua prolifica carriera artistica, il primo album è “The Kevin Kastning Unit” del 1988, Kastning ha avuto il piacere di collaborare e registrare album insieme a musicisti del calibro di Michael Manring, Alex De Grassi ed in particolare con il chitarrista ungherese Sándor Szabo, il quale ha curato la produzione anche di “Otherworld”. Allievo di Pat Metheny, oltre che raffinato chitarrista Kastning è anche il geniale inventore della serie di chitarre a 36 e 30 corde (!) in doppio manico insieme alle più “tradizionali” chitarre classiche a 15 e 17 corde. Osservando una trentasei corde si potrebbero notare delle somiglianze con il Chapman Stick, in effetti l’ascolto ci porta ad individuare delle analogie nelle sue profondità timbriche, ovviamente del tutto acustiche. “Otherworld” è composto da sedici composizioni di breve-media durata, scritte e suonate unicamente da Kastning, registrate nell’arco di tre mesi, senza overdubs o trucchi in studio. I sessantasei minuti di “Otherworld” sono piuttosto impegnativi ed allo stesso tempo molto intensi: dopo le recenti collaborazioni con il chitarrista elettrico Mark Wingfield ed il sassofonista Carl Clements, due dischi usciti nel 2014 sempre su Graydisc, Kevin Kastning ritorna all’aspetto puramente solista della sua musica con uno stile che si conferma astratto, talvolta impalpabile nella sua atonalità quasi spettrale, salvo alcuni passaggi in cui si può apprezzare una vena più romantica e folk; possiamo percepire la lezione del Pat Metheny più intimista ed acustico, c’è un gusto per la dissonanza che si avvicina a Derek Bailey o Fred Frith, anche se le modalità improvvisative di Kastning rimangano comunque nell’ambito di una musica acustica d’ambiente… Una musica che si alimenta di silenzi e risonanze, corde pizzicate delicatamente e sequenze di note sfuggenti e fluttuanti attraverso una rete di chiaroscuri melodici che nei suoi momenti meno criptici ci porta verso territori non troppo distanti dalle fasi più delicate delle “Private Parts” di Anthony Phillips. “Otherworld” è ovviamente rivolto ad un particolare pubblico di nicchia, quindi non solamente agli appassionati di chitarra acustica ma specialmente a chi sa apprezzare i risvolti più avanguardistici e radicali della musica, attraverso un’estetica ombrosa e, appunto, esoterica…
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Giovanni Carta
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