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DAYMOON |
Cruz quebrada |
Progressive Promotion Records |
2016 |
POR |
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Non è affatto facile parlare di un disco come questo, che affronta tematiche molto personali. Il concept di base, infatti, scritto da Fred Lessing, ruota attorno alla morte della moglie avvenuta nel 2012 a causa di un male incurabile. Inoltre, l’album può essere idealmente suddiviso in due sezioni: la prima, denominata “Out” e che va dalla prima alla settima traccia, è stata scritta poco prima della dipartita di Ines; la seconda, “In”, raccoglie tutti gli altri brani nella lunghissima suite “The river” e racconta degli anni più recenti in cui il musicista è riuscito a risollevare la sua vita dopo il dolore. In questo particolare viaggio musicale, Lessing, impegnato alle parti vocali, alle chitarre, ai flauti, alle tastiere e alle percussioni, è in compagnia di André Marques alla batteria, alle percussioni, alle tastiere, alla voce e al basso, da Bruno Evangelista alla voce, da Adriano Pereira al clarinetto e da vari ospiti che integrano la strumentazione con fiati, viola, violino, chitarra e voci. La musica, inevitabilmente, riflette le dure impressioni che scaturiscono dagli argomenti trattati. E così scorre via tormentata e inquieta, con melodie spesso dimesse ed una sensazione di malinconia onnipresente. I musicisti affrontano il tutto con dinamiche ben ricercate, passando da momenti intimisti, che possono ricordare le ballad di Roger Waters, a vere e proprie esplosioni sonore, che spingono verso un robusto rock sinfonico dai connotati dark e con qualche vago riferimento ai Van der Graaf Generator. A tratti, soprattutto quando subentrano la viola e il violino, sembra quasi di entrare in quei mondi oscuri cari ai Devil Doll. La suite cui facevamo cenno, “The river”, che raccoglie le ultime nove tracce del cd senza soluzione di continuità, tende a smussare un po’ certe asprezze, ma stilisticamente non è un cambiamento drastico. E’ chiaro che, come scrive anche Lessing nelle note introduttive, un lavoro del genere non può essere ascoltato distrattamente e ci si deve immergere con molta attenzione per tutti i settanta minuti di durata per cogliere in pieno quanto l’artista vuole comunicare. Forse è questa un po’ la difficoltà di un prodotto musicale indubbiamente valido, ma che necessita di più ascolti e di una certa concentrazione (seguendo anche i testi) per essere apprezzato in pieno. Il terzo album dei Daymoon, quindi, presenta non pochi spunti di interesse e possiamo anche dire che il tema di base è affrontato abbastanza bene. Per cui, se siete pronti a distaccarvi per settanta minuti da qualsiasi attività e farvi investire da questa musica dalle tinte fosche e da una storia molto personale, mettetevi comodi con il libretto del cd tra le mani e seguite il percorso che Lessing ha dovuto fronteggiare negli ultimi anni.
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Peppe Di Spirito
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