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ODESSEY AND ORACLE |
Speculatio |
Les Disques Bongo Joe |
2017 |
FRA |
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Questo trio francese, chiaramente ispirato nel nome all’omonimo album degli Zombies del 1968, afferma di suonare “pop barocco”… e tutto sommato la loro è la migliore definizione possibile. Non è propriamente Prog e non è solo psichedelia… c’è molto folk, musica cameristica, pop delicato ed enormi spruzzate di flower power… con riferimenti che qua e là possono rimandare, oltre che al gruppo ispiratore sopra ricordato, ai Renaissance, Wyatt, Brian Wilson, Malicorne… Il trio è formato da due donne, Fanny L’Héritier (voce, violoncello e piano elettromeccanico) e Alice Baudoin (clavicembalo elettrico, synth, flauto e voce), e un maschietto, Guillaume Médioni (chitarra, dobro, banjo, viola da gamba e voce). Questo è il loro secondo album, dopo l’esordio di “Odessey & Oracle and the Casiotone Orchestra” del 2014. “Speculatio” è costituito da 11 tracce, con un paio di brevi interludi di pochi secondi, dalle caratteristiche piuttosto omogenee, prevalentemente acustiche e incentrate sulla delicata voce principale di Fanny, costantemente accompagnata e contrappuntata dai due compagni d’avventura. Alcuni brani sono più pop e ritmati ed in altri è predominante la componente cameristica o folk ma questo breve album si snoda in maniera suadente e seducente nelle sue atmosfere delicate, oniriche e naïf che rimandano a un periodo di quasi 50 anni fa ma che non si fermano lì in modo acritico. Inserti elettrici fanno qua e là capolino tra la varia strumentazione più classica, aggiungendo sapore al delicato impasto. Divertente il brano più pop del lotto (“Sunflowers”) e l’altrettanto ritmata “Epiphanie” (benché quest’ultima abbia un incedere più spezzato e quasi RIO), così come è affascinante quello più classicheggiante e folk (“La Princesse et le Lion”); strano e particolare “Grand Autodafé”, dalle caratteristiche pop e sinfoniche, o anche “Les Deesses”, posta in apertura, dai decisi richiami ai Renaissance. La parte dell’album delimitata dai due interludi è quella più sognante ed eterea, con brani soffusi e sussurrati come “L’Horizon Tombe” e “J’ai Vu un Croco” che sembrano immergersi in una bruma misteriosa ed inquietante. Si tratta di un album invitante e accattivante, lo avrete capito, Prog solo di striscio, se vogliamo, ma decisamente interessante che non può evitare di attrarre in leggerezza, già dal primo approccio e che colpisce per la sua particolarità.
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Alberto Nucci
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