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WEEND’Ô Time of awakening Sonicbond 2018 FRA

Il primo album dei Weend’o, “You need to know yourself”, è uscito nel 2011, ma è rimasto quasi inosservato (così come un successivo DVD). Eppure si trattava di un buon lavoro caratterizzato da un prog-metal abbastanza personale, con il quale la band non scimmiottava maldestramente, come fanno in molti, i maestri del genere, ma provava a darne una visione propria, attraverso inserimenti particolari. Un paio di anni più tardi, i più attenti avranno pescato sui social network e su Youtube alcuni filmati dal vivo di questo ensemble francese, nei quali si mostrava un’ulteriore evoluzione della loro musica, in grado di passare agevolmente da sonorità dure a suggestioni d’atmosfera, passando per il rock gotico e arrivando addirittura ad avvicinarsi allo zeuhl. In effetti, l’abilità dei musicisti, capaci di riff incandescenti, così come di svolazzi ambient, di tempi serrati e di stravolgimenti ritmici, uniti alla bravura e alla teatralità della cantante creano un mix davvero particolare. Tutto ciò emerge ancora con più forza nel nuovo parto “Time of awakening”, uscito nel 2018. Si parte con la composizione che dà il titolo al disco, sorta di suite suddivisa nelle tre tracce iniziali. All’inizio siamo travolti da un bel groove ritmico, con la batteria a fare da metronomo ed un bel giro di basso e le sensazioni sono subito positive. Entra poi la bella voce femminile che comincia a guidarci con grazia, pronta a lasciare il posto ad un bell’assolo di chitarra. I ritmi crescono d’intensità e si arriva alla seconda metà della prima parte con una bella cavalcata prog-metal eseguita con perizia e personalità e con un ottimo intervento delle tastiere. Un cambio netto di atmosfera ci porta alla seconda traccia: partenza onirica, ritmi rilassati, tastiere e piano in evidenza, elementi classicheggianti, parti vocali delicate, un finale stravagante e con cenni elettronici e sembra quasi di essere entrati in un disco dei The Gathering, tipo “How to measure a planet?”. Nell’ultima parte è subito la chitarra a guidare con arpeggi intriganti, poi, dopo quasi un minuto, il basso introduce l’esplosione e si va verso un caos organizzato spingendo sul metal con intelligenza e ricercatezza. Solo il finale si fa più atmosferico, pur mantenendo un basso minaccioso in lontananza. Come se niente fosse ci ritroviamo praticamente già a metà del disco assaliti da sensazioni positive, merito di un gruppo di musicisti che sa suonare, sa comporre, sa giocare le sue carte e sa mostrare fantasia anche negli spazi in cui vira verso il metal. Il successivo brano è “Angel dust”, otto minuti con partenza potentissima e un seguito sufficientemente intricato, tra accelerazioni, rallentamenti e guitar-solos e nei quali non mancano dei momenti melodici (tanto è vero che come ultima traccia del cd troviamo un radio edit). Ci sono poi le due parti di “Elea” (dove figura come ospite il cantante britannico Alan Reed), un totale di dieci minuti e mezzo in cui i Weend’o mostrano ancora i loro vari volti: un inizio quasi oldfieldiano, che cede il passo ad una raffinatezza melodica in stile Karnataka e che si sviluppa in quei crescendo ai quali i musicisti ci hanno già abituato durante l’ascolto, ma che sortiscono sempre un bellissimo effetto. La seconda parte di “Elea” è caratterizzata nuovamente da effetti elettronici ed un romanticismo dettato dai bei vocalizzi e dimostra ancora una volta come la band sia stata capace di creare un sound che spazia in varie direzioni, mantenendo però invariata una forte identità. Tutto davvero ben fatto! Bravi Weend’o! Con questo disco potete attirare l’attenzione di tanti appassionati, anche esigenti, grazie a costruzioni non banali e a molte buone idee.



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Peppe Di Spirito

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