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OPERA OSCURA Disincanto Andromeda Relix 2018 ITA

Eccolo qua un altro gruppo italico al suo esordio sulla label di Gianni Della Cioppa, in attesa magari di approdare presso una major. L’intento, del resto, è quello di fungere da valido trampolino di lancio, il talento e la fortuna poi faranno eventualmente il resto. Le coordinate stilistiche sono oramai abbastanza codificate, spesso indirizzate verso quel prog-metal italico che negli anni ’90 – nei confini nazionali – veniva (erroneamente?) chiamato metal-prog. Stavolta, indipendentemente dai riferimenti stilistici, si danno delle buone chances ad un progetto dai contenuti sicuramente più profondi e ricercati, a partire dalla bella copertina ad opera di Goerge Grie. Il gruppo messo su dal compositore e tastierista Alessandro Evengelisti ha avuto una lunga gestazione, fino all’arrivo dei musicisti ritenuti più adatti. Tra questi vi sono il chitarrista Alessandro Gargaro e la cantante Francesca Palmidessi, oltre al batterista Umberto Maria Lupo, il chitarrista classico Andrea Maglicchetti, aggiungendo anche i bassisti Leonardo Giuntini e Francesco Grammatico.
Fedele al suo nome, il gruppo romano suona un prog-metal cupo e cinematografico, perfettamente in linea con la copertina. E proprio quella sirena risulta la protagonista della triste storia narrata sull’iniziale “A Picco sul Mare”, dall’impostazione operistica. È il tipo di atmosfera che si potrebbe respirare su un concept dei Savatage, però più orientata sul versante progressivo. Il pezzo è cantato in italiano, con voce quasi da soprano e code strumentali di impostazione decisamente classica. Una propensione tangibile soprattutto nel brano seguente, “La Metamorfosi dei Sogni”, strumentale che decolla quando Gargaro prende in mano la situazione, con il basso di Giuntini ben udibile per tutta la parte saliente. Il suono in questo lavoro appare deciso e profondo, specialmente quando la scena viene lasciata per alcuni tratti al pianoforte; “Il Canto di Sirin” è in tal senso esplicativo, la cui voce stavolta è di Serena Stanzani, autrice anche del testo in inglese. Figura della mitologia russa, Sirin era l’immagine che un tempo si aveva proprio della sirena, donna col corpo di uccello, ben lontana quindi dall’odierna coda di pesce; una composizione per voce e pianoforte, oltre agli effetti delle tastiere, assolutamente completa nonostante la mancanza degli altri strumenti. Quest’ultimi rientrano con tutti i crismi su “Pioggia nel Deserto”, altro strumentale sinfonico dove le atmosfere gotico-melodiche vengono irrobustite dalla chitarra elettrica e da un drumming complesso. “Gaza” – come da titolo – non poteva non avere richiami mediorientali, tra riff rocciosi e note soliste che si stagliano sopra arabeschi vari. “Dopo la Guerra” ne è la naturale conseguenza, per buona parte quieta ma con sprazzi in cui si prende velocità. La conclusone è affidata al solo Evangelisti, che in “Resti” suona col pianoforte poco più di due minuti e mezzo capaci di riempire l’aria, risultando addirittura la composizione più bella e poetica, anche se giusto un minuto in più di invenzioni non avrebbe di certo fatto male.
Sette brani per soli trenta minuti di musica… Probabilmente sarà per questo che si è arrivati alla fine senza avvertire pesantezza, nonostante quanto proposto non sia certo materia leggera bensì abbastanza impegnativa. Si dice che difficilmente questo album verrà eseguito da vivo; quel che è sicuro, si tratta di una tiratura limitata, quindi sembra esserci tutta l’intenzione di affidare al mercato un prodotto esclusivo. Come esordio non c’è male, viene la curiosità di sapere cosa si saprà fare con qualcosa di più articolato nel senso convenzionale del full-length, sperando di poter mantenere l’attenzione dell’ascoltatore sempre viva e non incorrere nella tentazione dell’autoindulgenza. L’inizio sembra comunque incoraggiante, anche se apprezzeranno maggiormente i cosiddetti metal fans, nonostante gli intenti sarebbero quelli di trascendere qualsiasi genere.



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Michele Merenda

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