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TRIGEMINO Trampas para engañar Viajero Inmovil Records 2018 ARG

La narrazione della storia dei Trigémino ci porta indietro di 40 anni. La band si forma nel 1976 alla periferia Est di Buenos Aires e, dopo alcuni cambi di formazione, giunge ad una line-up abbastanza stabile che include Carlos A. Garófalo alla voce e al basso (e occasionalmente chitarra e sitar), Jorge Minissale alla chitarra, Marco Tulio Pusineri alla batteria e Juan “Pollo” Raffo alle tastiere. Il gruppo suona molto dal vivo e si guadagna molti apprezzamenti con un Progressive Rock classico, molto influenzato dagli Yes ma anche dai connazionali Espiritu e Redd e dal Prog italiano. Proprio Esteban Cerioni dei Redd entrerà a far parte dell’ultima formazione del gruppo, prima che questo si sciolga definitivamente nel 1981, senza lasciare alcunché di registrato, tranne un paio di brani che verranno in seguito inclusi nell’album solista di Cerioni (2004).
Il prossimo salto temporale ci porta appunto al 2005, quando i quattro musicisti della formazione classica del gruppo decidono di tornare insieme per registrare alcune composizioni del loro repertorio con lo scopo di pubblicarle in un album. Nel 2007 il gruppo parteciperà come ospite ad una serata, organizzata dai Redd, in cui suoneranno due sezioni della suite “Trampas para engañar”. Mi è oscuro il motivo per cui sia passato così tanto tempo da allora… ma ad ogni modo nel 2018 la registrazione dell’album giunge finalmente nelle mani della Viajero Inmovil per la pubblicazione del tanto atteso album del gruppo.
L’album consta di sole 4 tracce tra le quali spicca decisamente la giù ricordata suite che gli dà il titolo della durata di appena 32 minuti e suddivisa in 6 sezioni nelle quali la musica si dipana attraverso grovigli sinfonici, aperture melodiche, tenui divagazioni jazz, un cantato decisamente particolare che non si limita di sicuro a seguire la linea melodica ma si produce in stravaganti excursus. Le parti strumentali prendono comunque spesso il sopravvento con orchestrazioni anche piuttosto complesse che a momenti danno l’impressione di intrecciarsi su sé stesse, non lasciando molte pause per consentirci di fermarci un po’ a riflettere. La suite in effetti procede abbastanza spedita e, pur non presentando momenti particolarmente brillanti, l’insieme si fa apprezzare alla distanza, rendendo necessari ulteriori ascolti per poterne gustare nuovamente la sequenza degli sviluppi.
Degli altri 3 brani, possiamo dire che sia gli 8 minuti e mezzo di “Sacrilegio en el Parque Juglar” che i 9 di “Flan” sono decisamente reminiscenti degli Yes, pur non scadendo nella mera clonazione e ritenendo i maggiori fattori di similitudine in alcuni suoni di basso (soprattutto) e tastiere. Gradevoli entrambi anche se, a confronto con la monumentale suite, sembrano poco più che ordinari.
La conclusione dell’album è affidata ai quasi 18 minuti di “Desayunando con Pepe Rayo”, brano meno camaleontico e particolare rispetto alla suite, essenzialmente melodico nella sua prima parte ma non scevro di variazioni e momenti interessanti, in special modo nella seconda parte in cui i musicisti si lanciano in contorsionismi strumentali.
Non abbiamo ovviamente idea di come suonasse la band nei suoi giorni migliori ma quest’album ha comunque un aspetto fresco ed è ben suonato; sicuramente non rimpiangiamo la scelta del gruppo di volerci riproporre la propria musica a distanza di così tanti anni. Un album notevole, senza dubbio meritevole di essere segnalato a chi non ha preclusioni contro il Prog sudamericano.



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Alberto Nucci

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