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CABINETS OF CURIOSITY The chaos game autoprod. 2019 USA

E’ complicato a volte trovarsi a descrivere una musica che già al primo ascolto riesce a spiazzarti con una girandola di invenzioni e cambi di ritmo, umori e stili musicali che si susseguono uno dietro l’altro senza offrire appigli duraturi su cui impostare un tentativo di approccio. Le situazioni musicali più variegate si susseguono in una giravolta dietro l’altra, blandendo la nostra attenzione con una dolce parte di flauto che tuttavia viene ingoiata in pochi secondi da una sfuriata parossistica e dissonante la quale, essa stessa, avrà vita breve per sfociare di lì a poco in un pezzo cantato deliziosamente accattivante… e così via.
L’album di debutto di questa giovane band del New Jersey rientra a pieno diritto e con piena ragione -lui sì!- nell’Eclectic Prog e in effetti non saprei come altro definirlo in poche parole, dato che nelle sue 12 tracce passa continuamente, nell’arco di pochi secondi, dagli Yes a Zappa, dagli Spock’s Beard ai Bubblemath, dai Rush agli Änglagård e dagli Henry Cow a Fiona Apple. Il cantato è appannaggio della graziosa ma inquietante (anche da come si propone in foto) vocalist e pianista Nat Hornyak la quale, essa stessa, fa dell’eclettismo vocale il suo punto di forza, risultando a momenti aggraziata ed ammaliante ma più spesso dissonante, oscura e quasi minacciosa, riuscendo a padroneggiare sia le note basse e cupe che quelle alte e quasi liriche, riuscendo altresì a reggere magnificamente il passo delle incessanti variazioni della musica.
La mente creativa della band invece sembra essere quella del chitarrista James Naprawa il quale esplicitamente con la musica di questa band intende ricreare ciò che rendeva l'era classica del Prog così magica. A volte questo significa diventare super tecnici -continua Naprawa- e torturare gli altri membri della band con partiture irrazionali e bizzarre, ma una cosa che amo di band come Yes, Rush e Genesis, è il fatto che la loro musica sia sempre scorrevole e orecchiabile; questo è ciò che vogliamo offrire, ma con una visione fresca e orientata al 21° secolo.
Quel ch’è sicuro è che sia i propositi che la realizzazione di questo esordio che, in aggiunta, è pure un concept album, sono decisamente ambiziosi, come avete capito. Un paio di ascolti non bastano nemmeno a cominciare a capirci qualcosa e se mai avessi la malsana intenzione di descrivere traccia per traccia, so che non ne caverei più le gambe. Mi sento pertanto di gettare la spugna e di fermarmi qui per manifesta inferiorità, non prima però di affermare che si tratta di un album bellissimo, iper-creativo (forse troppo… e questo può essere il suo punto debole) e realizzato in maniera eccellente. Lo attendo alla prova del tempo, dalla quale magari potrà uscire ridimensionato, ma al momento attuale mi sembra di poterlo definire in maniera entusiastica.



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Alberto Nucci

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