Home
 
DIAGONAL Arc Cobblers Records 2019 UK

In occasione della cronaca dell’album precedente, si notava che erano trascorsi ben 4 anni dal precedente lavoro d’esordio; da quel “The Second Mechanism” la band di Brighton ci ha costretti ad attendere ben 7 anni per poter ascoltare nuova musica… e francamente non saprei esattamente dire se questa lunga attesa sia stata adeguatamente ripagata. L’anteprima che ha cominciato a circolare un po’ di tempo prima non era stata accolta in modo particolarmente positivo; si tratta della traccia intitolata “9-Green” che successivamente è stata collocata proprio in apertura dell’album e che, effettivamente, non inizia nel migliore dei modi per chi aveva ancora nelle orecchie la deliziosa psichedelia sinfonica dei lavori precedenti. Se però l’ascolto fosse stato un po’ più paziente sarebbe stato possibile rendersi conto che, dopo un avvio effettivamente preoccupante che sembra virare verso una sorta di dance funky music vagamente tendente agli anni ’80 (una via di mezzo tra i tardi Roxy Music e gli Human League), il brano lentamente si assesta su binari interessanti, le ritmiche e le atmosfere si fanno progressivamente più complesse e decisamente più intense, guadagnandosi alla fine il nostro cauto apprezzamento.
Facendo un passo indietro, notiamo che il bassista Daniel Pomlett è tornato a far parte del gruppo ed anche Alex Crispin, presente nell’album precedente ma con un impegno decisamente ridotto, è tornato a pieno titolo a far parte della band. D’altronde la band spiega chiaramente che la lunga attesa di questo nuovo disco è dovuto alla difficile scelta tra le priorità della vita, ove famiglia e relazioni sociali impongono ovviamente difficili scelte. La scelta di prendersi tutto il tempo necessario quindi per le attività musicali ha quanto meno comportato il rinsaldamento del gruppo, ed un processo compositivo meno maniacale e perfezionistico ha permesso di giungere in fondo a quest’album, nato con un approccio in cui l’amicizia personale tra i musicisti ha preso il sopravvento sull’aspetto monomaniacale della composizione.
Il risultato di tutto ciò ha colorazioni decisamente meno brillanti e aspetti meno pirotecnici rispetto ai due lavori precedenti, avvicinandosi decisamente ad atmosfere canterburyane (in fondo Brighton non dista poi molto dalla storica cittadina del Kent), con ritmiche non particolarmente sostenute, atmosfere spesso larghe e ariose, ma eleganti, sempre contraddistinte dai piacevoli intrecci tra chitarra psichedeliche, tastiere spaziali, belle note di piano elettrico ed un cantato decisamente piacevole, costantemente su tonalità malinconiche e, in un certo senso, nordiche (talvolta viene alla mente il buon Rhys Marsh).
Tra le 8 tracce presenti in quest’album, sembra che i momenti migliori siano racchiusi in quelle più brevi, come la title track. Le due che oltrepassano i 7 minuti sembrano giocare unicamente sulle atmosfere, senza svilupparsi da (più o meno) semplici illustrazioni di paesaggi sonori che rimangono statiche e che costituiscono poco più che degli intermezzi, decisamente troppo lunghi però per questo ruolo. La seconda delle due (“The Vital”) è interamente strumentale peraltro, mentre la prima (“Citadel”) quanto meno presenta delle parti di piano elettrico e sax che ci accompagnano nel percorso. Meglio, come dicevo, la dinamica “Arc”, il finale strumentale di “The Spectrum Explodes”, la ricca orchestrazione di “Warning Flare” o la rilassante ed ampia chiusura di “Celestia”.
Il ritorno dei Diagonal ci lascia con un po’ di sentimenti contrastanti; non si tratta certo di un brutto album ma le sensazioni sono decisamente diverse rispetto ai due lavori precedenti. Traspare sicuramente da queste note la malinconia di una maturità rassegnata e la consapevolezza triste della fine di una giovinezza sfrontata e spensierata.



Bookmark and Share

 

Alberto Nucci

Collegamenti ad altre recensioni

DIAGONAL Diagonal 2008 
DIAGONAL The second mechanism 2012 

Italian
English