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GURANFOE Sum of Erda Apollon Records 2019 UK

Formatasi a Norwich col nome di Gumbo Variation, questa band ha impiegato i suoi primi anni di vita facendo pratica ed esperienza dal vivo (che è sempre cosa buona e giusta), pubblicando numerosi album live, tutti ovviamente in versione digitale o al massimo su CDr. Finalmente la label norvegese Apollon procede a pubblicare questo loro primo album in studio in digitale, LP (in un’edizione colorata marbled moss molto pittoresca) e CD.
Inquadrare d’acchito la musica della band non è proprio immediato. Il gruppo di per sé è un quartetto, con una strumentazione interessante (piano, Hammond, synth, due chitarristi…) ma ordinaria. Notiamo tuttavia che sull’album sono presenti quattro ospiti che si occupano di flauti, clarinetto, violino e vibrafono; lungi dal rappresentare una presenza saltuaria, gli ospiti (e i loro strumenti, ovviamente) costituiscono una componente importante nell’economia della musica qui proposta. Notiamo infine che manca la voce vocals, trattandosi di una musica prettamente strumentale.
Chiusa qui questa presentazione introduttiva, andiamo dunque ad ascoltare questo breve (36 minuti… un po’ cortino… anche concedendo un minutaggio da LP) album. Abbiamo quindi 5 tracce che, come primo riferimento riconoscibile ha il Canterbury più melodico, quello dei Caravan (alcuni suoni di chitarra sembrano anche fatti apposta per facilitare questo accostamento) e dei Camel per intendersi, con una sensibilità che tuttavia ci porta in direzione di certe cose new Prog ma talvolta anche di alcune cose degli Enid.
Rispetto ai maestri canterburyani la musica dei Guranfoe, oltre ad essere unicamente strumentale ovviamente, possiede secondo me anche minor profondità, risultando talvolta quasi impalpabile e scivolando via senza grossi sussulti. Le ritmiche ci portano in territori più consoni al jazz ma con una leggerezza e spensieratezza quasi pastorale che può rappresentare sia un punto di forza che, alla lunga, una debolezza della band. Fortunatamente il termine “alla lunga” è piuttosto relativo, come si diceva, vista la brevità dell’album.
Senz’altro interessante il brano d’apertura “Eventide”, forse il migliore dei cinque e quello che trae il maggior beneficio dalla presenza degli strumenti suonati dagli ospiti. Si tratta di una traccia con variazioni molto belle al suo interno, con una notevole chitarra distorta (ma non troppo… sia mai…) nella parte conclusiva. I molti cambi di tempo presenti anche nella traccia successiva “Night's First Light” sono più morbidi e certamente non vanno a confondere troppo le acque di un jazz Prog di cui oramai abbiamo preso le misure e che si snoda agevolmente ma senza eccessivi sussulti. Sinceramente non mi piace molto la batteria, sia per i suoni che per come viene utilizzata e in questo brano abbiamo maggiori possibilità di apprezzarla dato che a lungo ce la troviamo un po’ troppo alta a imporre la sua poco discreta presenza nelle orecchie.
Beh… inutile procedere ad una descrizione puntuale di quanto resta. L’album in sé è abbastanza gradevole e posso senz’altro consigliarne l’ascolto. Restano alcuni particolari che non mi hanno pienamente convinto e che inficiano, sia pur in maniera non decisiva, il giudizio finale.



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Alberto Nucci

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