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I MODIUM L'anno del contatto autoprod. 2019 ITA

Alle prese con l’esordio discografico di questo gruppo friulano, verrebbe da farsi almeno due domande. La prima sarebbe tesa a voler comprendere quale demone spinga i gruppi Prog a volersi scegliere i nomi quanto più improbabili, se non risibili; in questo caso, pur comprendendo lo spirito goliardico, siamo davvero oltre ai limiti. La seconda domanda invece sarebbe tesa a capire quanti caspita di gruppi siano esistiti negli anni ’70 ed ’80 che suonavano Prog e che non sono mai riusciti a pubblicare (all’epoca) alcunché. I cinque musicisti che ci propongono queste 9 canzoni, tra i quali spunta infatti inesorabile più d’un capello bianco, rispondono ai nomi di Silvio Frausin (voce), Elvio Tavian (chitarra, transitato anni fa nei Quasar Lux Symphoniæ), Alessandro Filippo (tastiere), Gianni Regeni (basso e chitarra acustica) e Michele Seravalle (batteria).
La passione che spingeva i nostri, e che tuttora li sprona, evidentemente, balza immediatamente all’occhio scorrendo proprio la lista delle canzoni, tra le quali spiccano titoli come “Sorona Dove Sei” e “Per Favore Musica (PFM)” che indicano chiaramente i loro intenti e le loro ispirazioni. Ed in effetti ciò che andiamo a trovare in quest’album è un Progressive Rock sinfonico di chiara matrice italiana, tanto caratteristico quanto, bisogna riconoscerlo, ben realizzato. Fin dall’iniziale title track ci troviamo quindi alle prese con un Prog brillante, sufficientemente ben registrato e suonato, con belle armonie di chitarre e tastiere ed un cantato potente, anche enfatico, e ben assestato.
Le influenze musicali sopra accennate sono evidenti per tutta la durata dell’album: PFM, Orme, Banco, Delirium e tutto il Progressivo storico italiano, tralasciandone il lato più concettuale ed impegnato (ma non sto dicendo che, specialmente per quanto riguarda le liriche, si tratti di un album spensierato e disimpegnato) in favore di un umore generale leggero e dall’impegno d’ascolto non eccessivo. Le canzoni sono quasi tutte ritmate, divertenti e brillanti, pur con qualche momento più riflessivo in cui la band si riserva di alzare leggermente il livello di pathos. La durata delle canzoni tuttavia non è elevata, raggiungendo il picco massimo dei 6 minuti, quindi tali variazioni hanno sempre durata ed incidenza limitata.
La durata dell’album non va oltre ai 40 minuti e quindi, anche per la natura stessa delle canzoni cui accennavo, si arriva al termine in un battibaleno. L’ascolto non ci lascia dentro niente di particolare, scorrendo via piuttosto agevolmente, senza inciampi ma anche senza particolari sussulti. Un disco divertente e leggero, niente di più ma anche niente di meno.



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Alberto Nucci

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