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DIFFERENT LIGHT Binary Suns (Part 1 - Operant Condition) Progressive Gears 2020 CZE

…E inevitabilmente (si fa per dire… dato che molti non ci arrivano) giunge il salto di qualità per questa band maltese/ceca che, mentre si avvia al trentesimo anniversario dalla sua prima fondazione, riesce a sfornare un album che indubbiamente guadagna punti in quanto a professionalità e per la sua riuscita musicale. Non che i lavori precedenti fossero da disdegnare… anzi, molti potranno ancora legittimamente preferire l’ascolto del precedente “The Burden of Paradise”, del 2016, o addirittura dell’ingenuo ma genuino esordio del 1996.
In “Binary Suns” (che, come suggerisce il titolo, probabilmente prevederà almeno una seconda parte) la band ha rinunciato forse a una parte della propria innocenza in favore di un approccio decisamente più efficace e dal respiro più internazionale. Questo non comporta né un deciso e netto distacco dalle sonorità finora familiari per la band, che potremmo sintetizzare in una musica ascrivibile ad un new Prog con influenze Yes e Pendragon ma con massicce dosi di melodia, e neanche un eccessivo alleggerimento (pur comunque in parte presente) delle atmosfere. Prova di ciò è il fatto che tra queste 6 tracce siano presenti ben 3 suite, una delle quali di 21 minuti di durata (le altre due si contengono entro i 9 e gli 11 minuti).
La musica che andiamo ad incrociare in quest’album, oltre ai riferimenti già descritti, acquisisce adesso sonorità un po’ più americane che possiamo accostare in parte ad artisti propriamente Prog quali Neal Morse o Phideaux, ma anche a Toto, Styx e a sonorità FM. L’ottima prestazione dei musicisti, tra i quali notiamo l’avvicendamento alla batteria tra Petr Matousek e David Filak si affianca all’altrettanto ottima prestazione vocale dell’anima storica della band Trevor Tabone, decisamente convincente ed efficace come non mai.
Se la lunga ed epica “Spectres and Permanent Apparitions” si innalza verso vette creative decisamente notevoli, riuscendo ottimamente a coniugare nuove tendenze e vecchie attitudini, dilatando i temi musicali che pure scorrono agilmente, tra accelerazioni strumentali ed ampie aperture melodiche, risultando agevolmente il momento centrale dell’album. Come contraltare ci sono anche brani come “Two Faces” che nei suoi 8 minuti scarsi si presenta con connotati e sonorità FM melodiche decisamente affabili e digeribili, forse in modo addirittura eccessivo.
Come detto, queste sonorità pervadono tutto l’album ma in generale costituiscono un elemento ben amalgamato con le sonorità che già conosciamo e che anzi contribuiscono alla buona riuscita dell’album stesso. Più equilibrate in effetti risultano le altre due suite sopra accennato, “Amphibians” e “On the Borderline” poste rispettivamente in apertura e in chiusura, più dinamica e movimentata la prima, più ampia e misteriosa la seconda, ottima per l’appunto come brano conclusivo di un album decisamente piacevole, un album che può essere in grado di fare breccia nel gradimento e nelle liste dei siti e riviste che vanno per la maggiore.



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Alberto Nucci

Collegamenti ad altre recensioni

DIFFERENT LIGHT All about yourself 1996 
DIFFERENT LIGHT Il suono della luce 2011 
DIFFERENT LIGHT The burden of Paradise 2016 

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