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PÕHJA KONN Hetk. InSpereeritud Tüürist autoprod. 2019 EST

La band estone è attiva dal 2009 ma è solo nel 2016 che incidono il loro primo album il quale, per quasi due anni, rimane praticamente sconosciuto a tutto il mondo al di là della cerchia di amicizie del gruppo stesso, prima che si decida di promuoverlo adeguatamente in tutta Europa. In breve tempo la band acquista notorietà internazionale, anche se non si può certo parlare di notorietà nazional-popolare, anche rimanendo in ambito Prog, per la bellezza di quell’album. Questo secondo lavoro era dunque atteso e gli appassionati attendevano al varco la band, sperando che si potesse ripetere.
Innanzi tutto è d’uopo informare sul significato del titolo dell’album stesso che in italiano sarebbe “Momento. Ispirato da Tüür”; chi o cosa è Tüür? Trattasi di Erkki-Sven Tüür, fondatore e leader degli In Spe, apprezzatissima band estone (autrice purtroppo di soli due album ad inizio anni ’80) e poi trasferitosi all’estero per lavorare con vari ensemble orchestrali. Proprio dal repertorio di Tüür sono state incluse in quest’album alcune composizioni, ovvero il riarrangiamento di due corali ben cinque brani provenienti dal repertorio degli In Spe, sia incluse nel loro primo album ufficiale che rimaste inedite (fino al loro recupero in formato live, incluse come bonus in una recente ristampa proprio del primo album).
Per coadiuvare la forma orchestrale che è stata concepita per le composizioni, all’album partecipa un’ampia sezione classica, personificata dall’ensemble vocale Vox Clamantis e dall’Estonian Cello Ensemble, nonché dall’orchestra Vanemuise, presente solo su una traccia. All’ultima delle 11 tracce partecipa addirittura in prima persona il nume tutelare di quest’opera ovvero Erkki-Sven Tüür in persona che fornisce un’appassionata prestazione vocale.
Come si sarà capito, si tratta di un lavoro ambizioso con cui la band ha voluto innanzi tutto rendere omaggio a un pezzo di storia della musica nazionale estone, cercando di andare oltre l’ottimo Prog sinfonico infarcito di jazz-rock che aveva caratterizzato l’esordio. Il risultato è di sicura caratura artistica e decisamente interessante nel suo sviluppo, nell’alternarsi tra brani più rockeggianti ed altri più orchestrati e cameristici, con le composizioni originali che si mischiano con quelle storiche degli In Spe.
In questa bella alternanza abbiamo quindi il primo brano, purtroppo abbastanza breve, in cui il gruppo è accompagnato dall’orchestra, con ritmiche ed umori brillanti, preludendo al bel brano originale “Üksi Olemise Hurmav Õõv”, reminiscente del primo album della band. Segue la prima canzone degli In Spe, “Igavik”, già riarrangiata per orchestra in tempi recenti da Tüür e qui presentata in versione per archi e voce. Le due corali di Tüür, “Väike Eestimaine Laul” (Piccola Canzone Estone) e “Taandujad”, riarrangiate dallo stesso Valter Soosalu (voce e tastiere dei Põhja Konn), acquisiscono una dimensione Prog che le fanno quasi sembrare brani originali della band. Menzione speciale soprattutto per il loro sviluppo progressivo che sfocia in entrambi i casi in bei finali in crescendo.
“Isamaa”, la patriottica traccia successiva, tratta dal repertorio non ufficiale degli In Spe, amplifica addirittura il proprio carattere enfatico e trascinante anche in questa versione per archi e coro. “Pillimees On Alati Tragi”, brano originale, è uno strumentale agile e brillante ma un po’ troppo interlocutorio, una sorta di jam di riscaldamento, più che un brano fatto e finito.
I brani successivi “Päikesevene” (noto anche come “The Sunboat”) e “Antidolorosum” provengono entrambi dall’album ufficiale degli In Spe (stiamo parlando ancora dell’esordio del gruppo: nessun brano proviene dal secondo -pur valido- lavoro). Il primo originariamente durava 9 minuti ed era caratterizzato da un lungo percorso quasi ambient, con una chitarra contornata discretamente di volta in volta da flauto, batteria o tastiere. Su quest’album brano è stato allungato di un minuto ed è stato riarrangiato per soli archi; benché inesorabilmente avvincente, risulta onestamente un po’ pesante in questo contesto…. Giudizio che accomuna anche il secondo dei due brani, più rock nella versione originale e trasformato anch’esso per soli archi (e voce).
Se i due brani appena descritti sono atipici dal resto, gli ultimi due (entrambi poco oltre i tre minuti) sono ancor più atipici: “Hetk” è un crescendo emotivo con una voce recitante che snocciola un discorso concitato e nervoso su una base musicale che cresce in drammaticità di secondo in secondo. Il brano finale, ancora degli In Spe, è affidato alla voce roca e quasi blueseggiante di Tüür stesso.
E’ innegabile che l’album contenga notevoli momenti di musica, sia nei brani originali che nelle riproposizioni; è decisamente apprezzabile l’omaggio che la band ha voluto fare a un artista ed un gruppo che hanno dato lustro alla storia musicale del proprio paese. E’ tuttavia innegabile che forse si sia voluto strafare e che forse si arrivi in fondo con l’ascolto in difetto di lucidità, anche se non si tratta certo di un passo falso, evidentemente.



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Alberto Nucci

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PÕHJA KONN Põhja konn 2016 

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