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WINDOM END |
Perspective views |
Freia Music |
2020 |
SVE |
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La nuova realtà musicale che ci giunge dalla Svezia è fatta stavolta per compiacere gli appassionati del new Prog britannico classico, quello che vede Marillion e IQ a fare da capifila. Formatasi nel 2007 nella cittadina di Falun dalla comune passione proprio per i Marillion da Pierre Stam (basso e tastiere, con esperienze pregresse in una band death metal) e Tomas Nyström (chitarra e tastiere), negli anni successivi, dopo alcuni avvicendamenti, la band si completerà con l’ingresso di Mikael Arvidsson (voce e chitarra) e di Tobias Lundgren (batteria, già con i Moon Safari). Nell’aprile del 2020 viene pubblicato il loro primo album, pronto per cercare di allietare un mondo in pieno lockdown. Allietare non è certo un vocabolo scelto a caso, dato che le sei canzoni dell’album appaiono fresche e spumeggianti, decisamente reminiscenti dei migliori IQ ma con minori riflessi oscuri e drammatici che spesso contraddistingueva la musica di Orford e soci. Non stiamo certo parlando di musica leggera e spensierata ma senza dubbio molti aspetti cupi e teatrali sono meno accentuati, in favore di un dipanarsi narrativo e quasi lineare. Cinque dei sei brani (che si presentano legati l’uno all’altro) superano tuttavia i 7 minuti e non mancano certo situazioni di una certa complessità ed armonie ricercate. Proprio i Moon Safari di Lundgren, ma anche i connazionali Beardfish, possono senz’altro essere considerati nel novero delle influenze che la band sembra tirarsi dietro. Per chi ama queste sonorità, dunque, “Perspective Views” presenta attrattive decisamente interessanti. Nelle tre tracce incluse nella prima parte dell’album mi sembra di poter però registrare l’assenza di veri colpi di classe, in favore di canzoni comunque decisamente gradevoli che procedono in maniera compatta senza particolari lampi creativi. È piacevole il lungo brano iniziale “The Dream” ma sembra più un compitino diligente e ben svolto, senza troppe pretese. Leggermente più complesso e potente il successivo “Starless Sky”; un po’ più anonimo (ma non per questo da disprezzare) invece mi sembra “Walk This Way”. Una breve pausa, rappresentata dal breve brano semiacustico “Within the Shadow”, posto al centro dell’album, prelude ai due brani conclusivi che forse presentano connotati che vanno solleticare maggiormente le papille avide dell’ascoltatore alla ricerca di sensazioni drammatiche e ricche di pathos. L’ottima “Revolution” e la dinamica “Ghost of the Past” (con una bella e trascinante parte centrale) in effetti elevano un po’ il climax e concludono un album abbastanza interessante e sicuramente piacevole.
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Alberto Nucci
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