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SYNCHRO RHYTHMIC ECLECTIC LANGUAGE Lambi Moshé-Naim 1976 (Sommor 2019) FRA

Grazie a questa ristampa in doppio vinile edita dalla Sommor possiamo riscoprire un interessantissimo lavoro del 1976 legato al mondo della musica zeuhl, ma aperto anche a molteplici contaminazioni. Si tratta del secondo disco realizzato dai Synchro Rhythmic Eclectic Language, gruppo nato in Francia e che all’epoca di “Lambi” vedeva una formazione multietnica con il violinista Jean Yves Rigaud (noto per i suoi trascorsi con gli Zao), il chitarrista Gérard Curbillon (già con gli Speed Limit) e altri preparatissimi strumentisti quali Steve Mac Call (batterista americano), Jo Maka (sassofonista guineano), Gerard Philadelphe (percussionista guadalupense) e i martinicani Louis Xavier (bassista e compositore), Georges-Edouard Nouel (pianista e organista) e Saint-Yves Dolphin (percussionista). A questi si aggiunge il cantante Franck Valmont, che però è poco presente in quest’album. Il diverso background dei musicisti e le loro molteplici esperienze si avvertono pienamente in quest’opera che offre tanti spunti di interesse e che mescola vari generi e stili per raggiungere comunque un’espressione sonora finale abbastanza omogenea e sicuramente ben definita.
“Rigibo” è il primo brano di “Lambi”, dura poco più di tre minuti, che sono però a dir poco infuocati, con ritmiche potenti e basso in bella evidenza, ma che gli interventi vocali e del sax spingono in una direzione che potrebbe essere definita come world-zeuhl-music. La title-track è una sorta di suite in quattro parti, aperta da pulsazioni misteriose, che sono legate a doppio filo a certi esperimenti crimsoniani e al Davis elettrico, ma che poi sfocia in un jazz-rock multiforme, in cui convivono i primi Magma, i Soft Machine e i Weather Report. La seconda facciata si apre con “A.B.C.D.”, altra composizione suddivisa in quattro parti, dove si riaffacciano forti influenze davisiane accompagnate da spinte derivanti dalla cultura musicale africana e da passaggi non distanti da Zao e Mahavishnu Orchestra, quando ci sono gli splendidi interventi del violino. Si tratta comunque di un pezzo che permette a tutti i musicisti di sbizzarrirsi al meglio e a Nouel, in particolare, di lanciarsi in un notevolissimo assolo all’organo. Chiusura affidata a “Pasto”, oltre sette minuti nei quali si avverte una marcata leggerezza caraibica, che magari stona un po’ e risulta il momento più debole del disco. Il secondo vinile non è altro che una raccolta di bonus tracks fino ad oggi inedite, ma che risalgono comunque alle stesse sessions di registrazione di “Lambi”. Si parte con “KT 3”, dove torna un basso prepotente che insieme alla batteria offre una base zeuhl su cui lavorano in alternanza, sax, chitarra elettrica, violino, organo e piano. È un jazz-rock bizzarro, invece, quello contenuto nei due minuti di “El gason” e che ci porta poi all’ultima facciata dell’LP, contenente due brani che si avvicinano ai dieci minuti. “Rete” è intrisa di stuzzicante funky-rock, nel quale fanno capolino nuove immersioni nei Caraibi; “Knell” ha un’apertura dai toni solenni e classicheggianti scanditi dal pianoforte, ma l’intervento del sax può portare poi alla mente i Napoli Centrale e si va avanti fino alla fine con un andamento al contempo drammatico e misterioso.
Questi sono gli anni ’70 che ci piacciono ed anche se durante l’ascolto si avvertono sensazioni di già sentito e qualche momento poco interessante quando emergono voglie musicali caraibiche, non possiamo che rimarcare la qualità di un lavoro davvero molto bello. Un disco in cui le influenze si combinano in vari modi, in cui si avverte quella spinta prog con la voglia di andare “oltre” le strutture musicali più banali, in cui il jazz percorre diverse strade, in cui l’aggettivo “eclettico” assume un significato importante, grazie alla bravura di musicisti che ci accompagnano per oltre un’ora e un quarto di brillanti contaminazioni.



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Peppe Di Spirito

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