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INTELLIGENT MUSIC PROJECT |
V - Life Motion |
I.M. |
2020 |
BUL |
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Milen Vrabevski, produttore, compositore e musicista bulgaro, porta avanti l’iniziativa musicale per la Intelligent Music, proponendo un quinto lavoro decisamente in linea con i dischi precedenti. Continua infatti la collaborazione con professionisti internazionali che danno sicuramente lustro e certezze di visibilità altrimenti sempre più difficili. In primis parliamo di Simon Phillips, eccezionale batterista che vanta collaborazioni importanti a decine e che qui vediamo, oltre che come musicista al quale è dato molto spazio, in qualità di coproduttore musicale. Ritroviamo, come nel volume precedente Richard Grisman dei River Hounds, John Payne ex Asia e il nuovo ingresso di Ronnie Romero che prese il posto di Ronnie James Dio nei Rainbow. Resta immutato lo stuolo di ottimi musicisti bulgari già presenti negli altri lavori, tra i quali spiccano il bravissimo tastierista Ivo Stefanov e il chitarrista Bisser Ivanov. Anche il prodotto finito non si discosta troppo dai risultati precedentemente ottenuti e si pone a presentare un AOR dall’impatto decisamente rock, le cui variabili si limitano ad un numero più o meno alto di bpm. Per gli aspetti musicali, nessuna sorpresa. Tutto fila come deve filare, nessun sobbalzo, nessun particolare innamoramento, dodici canzoni rock che suonano come devono suonare e in questo suonano familiari, hanno un indice carico di déjà vu, d’altronde gli schemi utilizzati per la composizione, per le strutture armoniche e ritmiche, hanno datazione a partire dalla fine degli ’70 e sono a noi ormai ben note. Nonostante quanto sbandierato nelle locandine pubblicitarie quello che manca è il progressive, in tutto questo non c’è traccia di trame prog, a meno di non avere una visuale del progressive estremamente ampia come ultimamente sta accadendo in molte pagine più o meno specializzate nelle quali si vede infilare nel genere le cose più disparate. Ma tutto questo non credo sia un limite all’opera che stiamo valutando. Soprattutto se partiamo dal presupposto, immagino reale, che nella mente dell’autore la necessità di prog, proprio non c’era fin dall’origine. Dodici brani, dal minutaggio abbastanza costante e mai troppo dilatato, che toccano momenti più melodici come in “Where I Belong” a quelli più epici e dai blandi risvolti sinfonici di “By The Side Of The Minute”, passando per le più aggressive a graffianti “The Final Act” o la conclusiva “Rising”. Un album di buone canzoni rock, oltre non andrei a definire e neppure i due poderosi break di batteria, anomali quanto inaspettati, riescono a far scivolare il giudizio verso lidi più sperimentali o addirittura prog, no. Accontentiamoci di buone canzoni rock con forti tendenze AOR in grado di scatenare morbidi e antichi ricordi.
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Roberto Vanali
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