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LA STANZA DELLE MASCHERE La stanza delle maschere Black Widow Records 2020 ITA

Con l’esordio della Stanza Delle Maschere rifacciamo volentieri un ripasso sul cinema di genere italiano degli anni settanta, ovviamente di derivazione thriller/horror con qualche deviazione nel poliziesco, e celebriamo la memoria di un tempo lontano (… ma non troppo) in cui il nostro cinema di genere la faceva da padrone nei cinema italiani mentre all’estero era visto come un punto di riferimento. Prevalentemente thriller di stampo esoterico oppure con risvolti psicanalitici alquanto morbosi, senza tralasciare la tradizionale impronta gotica che idealmente si richiamava alla grande tradizione letteraria, le principali inclinazioni stilistiche del cinema di genere vengono qui rielaborate in chiave doom metal con venature progressive direi piuttosto in linea con la produzione Black Widow.
La Stanza Delle Maschere è costituita principalmente dal chitarrista Domenico “The Psychic” Lotito e dal cantante Angelo “Blood” Sposito, affiancati dall’importante presenza della voce di Tiziana Radis e del tastierista Roby Tav, già conosciuti nel loro “The Secret Wood Tales” e nel progetto folk rock Secret Tales. Peculiarità de La Stanza Delle Maschere è l’impostazione vocale di Sposito, in realtà non proprio cantante ma narratore dei testi, un po' alla maniera di Antonio Bartoccetti, anche se il tono mediamente più compassato di Sposito sembra talvolta, involontariamente (?), quasi virare più sulla scia post-indie di gente come Massimo Volume.
La sostanza può dunque risultare abbastanza questionabile, non tutto appare a fuoco a dire il vero ma del resto siamo di fronte ad un prodotto ancora un pochino acerbo che non lesina comunque in esalazioni malefiche anche di una certa potenza. Prendiamo ad esempio “La Casa Dalle Finestre Che Ridono”, ovviamente brano che vuole omaggiare il capolavoro di Avati: qui si perdono del tutto le ambigue caratteristiche “gotico padane” così determinanti per il successo del film, la musica è bombastica e sembra più adatta ad un vecchio maniero nella tempesta che all’inquietudine rurale emiliana; in effetti, purtroppo, questo è forse il pezzo meno interessante del disco, musicalmente più legato ai tipici cliché del genere; con “Il Vecchio Teatro” le cose migliorano sensibilmente, la direzione musicale rimane la stessa ma il clima si fa più fosco ed opprimente, con un interessante testo che denuncia il livello culturale bigotto ed ipocrita della vita di provincia. In “Sette Note In Nero” si omaggia ovviamente Lucio Fulci ed in questo caso il cantato di Tiziana Radis si affianca in maniera più decisiva e carismatica al narrato di Sposito; di fatto ancora metal ma con buoni spunti solisti della chitarra di Lotito, risultato direi dignitoso. “Presenza” consolida quanto di buono è stato fatto nei brani precedenti ed approfondisce le trame metal-progressive con spunti strumentali più ad ampio respiro ed evocativi dark-sinfonismi di stampo cinematografico un po' Goblin ed un po' Fabio Frizzi: anche in questo pezzo è apprezzabile l’idea di creare una piccola storia horror, ora dalle tinte lovecraftiane con una repellente statuetta pagana ad imporre la propria volontà sul malcapitato di turno.
L’apice dark viene rappresentato dal brano “Veneficio Lunare” con la Radis ora impegnata come cantante solista nel pezzo più “heavy” ma anche forse quello più evocativo e visionario in un efficace contrasto di riff monolitici, aperture melodiche sognanti e la voce suadente ed evocativa della Radis; il momento più rilassato del disco è invece affidato alla successiva “Milano Calibro 9”, con gradita ospitata alla chitarra di Alexander Scardavian, un pezzo interamente strumentale che omaggia il film di Fernando Di Leo con un piacevole hard rock dalle tinte acustiche e vagamente vintage/psichedeliche. Pupi Avati ritorna con “Zeder”: lo stile della Stanza Delle Maschere è ancora eccessivamente barocco per adeguarsi al lavoro di Avati ma almeno in questo pezzo il risultato suona più convincente nel suo modo di perpetuare il culto musicale di Antonius Rex grazie ancora ad un ispirato quanto granitico lavoro chitarristico a fare la differenza... culto che porta anche a chiudere degnamente il disco con un brano omonimo dall’impronta decisamente claustrofobica e terrorizzante.
L’aspetto extra-musicale si fa apprezzare per una apprezzabile copertina perfettamente coerente con lo spirito gotico del disco, e soprattutto per le belle e toccanti note di copertina scritte da Antonella Fulci. Non ho idea se La Stanza Delle Maschere avrà la possibilità di produrre un secondo disco, al momento, con tutti i suoi alti e bassi, offre un lavoro che gli appassionati horror non dovrebbero ignorare...



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Giovanni Carta

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